Le rimostranze dei genitori sono state raccontate dallo stesso docente nella sua tesi per ottenere l’abilitazione all’insegnamento, dove parla di “acredine” nei suoi confronti
LUGANO - Se non fosse accaduto nulla, oggi non si parlerebbe di quella tesi. Una tesi, sull’affettività e la sessualità nella letteratura classica, che il direttore della scuola media del Luganese arrestato con l’accusa di atti sessuali con fanciulli (LEGGI QUI) scrisse tra il 2017 e il 2018. In quel periodo insegnava latino come docente incaricato e stava seguendo il corso di abilitazione al Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della Supsi. In quell’ambito propose, appunto, un percorso formativo destinato agli allievi di terza media su affettività e sessualità. Un percorso avviato, probabilmente con le migliori intenzioni, nell’ambito delle lezioni di latino e legato ai testi classici, che però non ha avuto un seguito negli anni successivi.
I vertici del Dipartimento educazione, sollecitati da LaRegione, non hanno spiegato il motivo della sospensione, considerata l’inchiesta penale aperta sul 39enne. Ma è lecito pensare che tra i motivi del mancato proseguimento del percorso formativo, ci possano essere state le perplessità e le critiche sollevate dai genitori di alcuni allievi. Le famiglie sarebbero infatti venute a conoscenza del programma soltanto leggendo le dispense consegnate ai figli. Le rimostranze dei genitori sono state riassunte dallo stesso docente nella parte finale della sua tesi. Nel mirino delle critiche c’era, in particolare, la scelta di creare una chat su Whatsapp, per quanto accessibile soltanto con una password, dove gli allievi potevano confrontarsi su temi legati alla sessualità.
Va qui ricordato che nel gennaio del 2019 il Centro di risorse didattiche e digitali del Dipartimento educazione emise una raccomandazione alle Direzioni degli istituti: “Agli insegnanti non è consentito sollecitare l’uso di piattaforme elettroniche o di sistemi di comunicazione da parte degli allievi in violazione dei limiti di età che queste piattaforme o sistemi di comunicazione si sono dati”.
Se non fosse accaduto nulla, dicevamo, oggi non si parlerebbe di quella tesi, tesi che, però, alla luce dell’accaduto, poteva (forse) suonare come un campanello di allarme. Il docente insegnava inizialmente in una media del Luganese ed è poi stato trasferito in un’altra sede della regione, della quale quest’anno è stato nominato direttore. Un trasferimento che lui stesso definisce “inaspettato”.
Nella parte finale della sua tesi, il docente riassume le perplessità e le critiche di alcuni genitori sul suo progetto formativo. La realizzazione dell’itinerario didattico ha richiesto, a partire dalla lezione introduttiva del 27 ottobre 2017 fino al termine delle presentazioni ai compagni non latinisti, avvenute tra fine febbraio e inizio marzo 2017, un totale di 24 ore-lezione, spiega. E proprio sul finire del 2017, poco dopo la metà di novembre, si è verificato quello che lui definisce “un imprevisto”: “La mamma di un’allieva ha scritto alla docente di classe per chiedere dei chiarimenti in merito al programma svolto a latino, lamentando in particolare una perdita di tempo nei confronti dello studio della lingua, che secondo lei sarebbe stato trascurato. Già in precedenza sul gruppo WhatsAppp di una delle due classi (la stessa dell’allieva in questione) erano stati pubblicati, formalmente da parte degli allievi, ma probabilmente, ripensandoci a posteriori, su esplicita richiesta dei loro genitori, un paio di interrogativi simili”.
Il docente afferma di aver chiarito le motivazioni teoriche e il quadro normativo entro cui il percorso si inseriva. Ma pochi giorni dopo, la stessa mamma che aveva già scritto e ricevuto risposta si è presentata in sede accompagnata da una collega e chiedendo di poter parlare con la Direzione a nome dell’Assemblea dei genitori, della quale è presidente, per richiedere nuovamente dei chiarimenti e sollecitare un intervento volto a sospendere il percorso sull’affettività e riprendere il “normale” studio della lingua latina.
“In questa circostanza – scrive il docente - al termine della mia lezione, sono stato chiamato ad intervenire all’incontro e ho così potuto ascoltare direttamente i dubbi e le perplessità portati ‘a nome dell’Assemblea dei genitori’ e ribadire le mie motivazioni. Le signore presenti hanno tuttavia insistito perché venisse organizzata al più presto una serata informativa in cui fornire alle famiglie tutti i chiarimenti necessari: la Direzione ha acconsentito, a condizione di poter avere preventivamente una lista di domande a cui l’Assemblea dei genitori desiderava ricevere risposta, in modo da poter organizzare una presentazione il più possibile esaustiva, evitando di trasformare l’occasione in un attacco rivolto alla mia persona. Nel frattempo avevo già ricevuto, da parte di alcuni altri genitori, delle attestazioni di stima e apprezzamento per il lavoro svolto, che mi hanno aiutato a relativizzare il peso della “crisi” in corso e a ritrovare un po’ di quella motivazione che a causa degli ultimi avvenimenti si stava purtroppo perdendo”.
Dalle domande pervenute alla Direzione, traspariva, secondo il docente “una palese disinformazione in merito al nuovo Piano di studio e alle nuove raccomandazioni operative per l’Educazione sessuale, nonché una grande acredine nei miei confronti, che – devo ammettere – non è stato facile accettare considerato soprattutto l’impegno profuso nella preparazione e nella conduzione del percorso didattico”.
Così, nel dicembre del 2017 si è svolta la serata informativa, durante la quale, secondo il docente “è emerso chiaramente che le perplessità e le critiche espresse, anche in maniera ripetitiva, nelle cinque pagine di domande provenivano in realtà da un numero piuttosto limitato di famiglie (per di più non tutte di allievi latinisti, né tutte di allievi di terza!), mentre la grande maggioranza dei genitori ha saputo dimostrare un grande appoggio a me e al progetto. Dopo la serata informativa la ‘protesta’ si è definitivamente spenta e il percorso ha potuto poi continuare e concludersi tranquillamente, anche se in quelle due settimane trascorse fra lo scoppio della polemica e la serata con i genitori, in classe, e specialmente nel gruppo in questione, si è respirato un clima di insicurezza e quasi di sospetto che sicuramente non ha giovato al lavoro, né alla mia motivazione”.
Al di là del lieto fine, annota il docente, “l’esperienza mi ha spinto a riflettere sull’importanza della collaborazione e della partecipazione attiva delle famiglie a un progetto di questo tipo, collaborazione che deve necessariamente passare attraverso un rapporto di fiducia, una condivisione d’intenti e una puntuale informazione”.