Gli “80mila euro al mese” citati dal capo ultrà in un’intercettazione, erano una parte del giro d’affari che ruotava attorno a San Siro. Gli incassi erano gestiti da società vicine alla ‘Ndrangheta e spartiti tra capi tifoserie di Inter e Milan
MILANO - Vittorio Boiocchi, ucciso lo scorso 29 ottobre nel corso di una sparatoria in strada con tre colpi di arma da fuoco al torace e al collo, era stato arrestato nel marzo 2021 per un tentativo di estorsione. Dalle intercettazioni della polizia è stato possibile rivelare il giro di affari che ruotava intorno a San Siro e i legami mafiosi del capo ultrà dell’Inter.
Un mucchio di soldi, di cui gli “80 mila euro al mese” di cui parla Boiocchi in un’intercettazione dello scorso anno sarebbero una minima parte. Il business criminale ruotava attorno al racket dei biglietti, dei parcheggi, dei venditori ambulanti, della sicurezza e dei paninari; preteso con tentativi di estorsione e minacce, i proventi venivano equamente spartiti tra i capi delle tifoserie di Inter e Milan. Insomma, le tifoserie solo apparentemente nemiche sugli spalti, erano in realtà socie in affari. E non c’erano solo le partite di calcio ma anche i concerti.
Il business dei parcheggi, in particolare, sarebbe stato l’affare principale di San Siro, gestito da società di comodo vicine alla ‘Ndrangheta e in alleanza con i “cugini” rossoneri: Luca Lucci, l’ultrà della stretta di mano a Salvini, e Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, tornato nella Curva Sud dopo la vicenda dell’estorsione al Milan del 2007.
Nelle indagini sarebbe coinvolta anche una famiglia di Reggio Calabria e quattro dirigenti dell’Inter, inizialmente indagati con l’ipotesi di reato di associazione per delinquere, ipotizzando qualche forma di collaborazione per favorire i capi ultrà fornendo biglietti a prezzi agevolati, e poi prosciolti dalle accuse su richiesta del pm Leonardo Lesti che ne ha chiesto l’archiviazione, accolta dal gip Guido Salvini: i quattro, in realtà, sono stati riconosciuti vittime del comportamento minaccioso ed estorsivo dei capi dei tifosi, e quindi semmai persone offese, come quando nel 2007 scattarono gli arresti per minacce ed estorsioni ai dirigenti del Milan.
In questo scenario potrebbe essere maturato l’assassinio del 69enne capo ultrà nerazzurro, scarcerato nel 2018 dopo 26 anni e autoproclamatosi capo della Curva Nord, portando in dote legami con cosche mafiose: i Fidanzati, i Di Marco, i Mannino. Negli ambienti delle tifoserie si vocifera che avesse spodestato i vecchi capi con azioni violente e spartito il business tra alcuni membri del nuovo direttivo della curva, arrivando a pretendere dalla dirigenza fino a 2mila ticket a partita.
Le indagini della squadra Mobile puntano ai killer fuggiti in moto, ma sullo sfondo si delinea chiaramente lo scenario di un attentato ai business criminali che ruotavano attorno a San Siro.