CRONACA
L'imprenditore e la truffa sui crediti Covid
Un caso giudiziario particolare non solo per il rilevante importo oggetto di reato, ma anche per il fatto che l’uomo ha avuto in passato un ruolo politico
TiPress/Samuel Golay

LUGANO – Ha suscitato scalpore la notizia della condanna a 24 mesi con la condizionale di un imprenditore del Luganese, titolare di una società di consulenza. Di processi per truffe legate ai crediti Covid ce ne sono stati diversi dopo la fine della pandemia. Ma questo caso, giudicato a fine gennaio, è particolare non solo per il rilevante importo oggetto di reato - 810’000 franchi, incassati dall’azienda del condannato sotto forma di sussidi per lavoro ridotto – ma anche e soprattutto per il fatto che l’uomo ha avuto in passato ruoli politici all’interno del Partito liberale radicale.

Va detto che l’imprenditore ha restituito l’intera somma incassata illecitamente non appena, in seguito a controlli contabili da parte dell’autorità di vigilanza, è venuto alla luce il reato. Va aggiunto che quei soldi sono sempre rimasti sul conto della sua società, e non sono dunque mai stati utilizzati, né per far fronte alle difficoltà economiche legate al calo di commesse determinato dalla pandemia e dal lockdown, né per altri motivi.

Una truffa anomala, insomma - non il classico “prendi i soldi e scappa”, non un castello costruito con astuzia e menzogne - ma che si è qualificata come tale per un semplice motivo: in quel periodo era possibile ottenere aiuti pubblici immediati sulla base di autocertificazioni, dunque sulla fiducia. E la fiducia, in questo caso, è stata violata.

Nel corso del processo, svoltosi con rito abbreviato, l’uomo ha spiegato di essersi fatto prendere dal panico, in quanto “la situazione era veramente difficoltosa, con il calo del lavoro e del fatturato”.

In effetti, per molte aziende il lockdown è stato fonte di grandi preoccupazioni, ma l’imprenditore in questione ha compilato i formulari per la richiesta di aiuti in base alla teorica resa del suo personale - ridotta a causa del calo di ordini - e non, come avrebbe dovuto, sulla reale riduzione del tempo di lavoro. I suoi collaboratori, infatti, sono sempre rimasti a disposizione al cento per cento.

 

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