Secondo il Tribunale federale, per i quattro soldati delle forze speciali l'inoculazione era una misura preventiva necessaria per preservare la loro disponibilità operativa: “Chi riveste questo ruolo deve ottemperare a un dovere di obbiedienza”
BERNA - Il licenziamento dei quattro soldati d’élite che rifiutarono il vaccino anti Covid era giustificato. Lo ha dichiarato il Tribunale federale (TF) in una sentenza pubblicata oggi.
Pur ammettendo che l’obbligo di vaccinarsi sotto minaccia di licenziamento costituisce una violazione della libertà personale, il TF specifica che per i soldati delle forze speciali tale ingerenza è da considerarsi di poco conto. Chi riveste tale ruolo ha infatti “un rapporto giuridico speciale con lo Stato, per il quale servire nelle forze armate comporta anche un dovere di obbedienza”.
Oltre a ciò, una misura meno invasiva, come effettuare tamponi regolari, “non avrebbe offerto una garanzia sufficiente sulla loro salute e dunque di disponibilità operativa immediata, a causa dei requisiti d'ingresso più severi di certi Paesi”. Per il TF, quindi, l’esercito poteva imporre l’obbligo di vaccinazione pena il licenziamento.
Il caso aveva fatto parecchio discutere: i quattro militari, malgrado gli ammonimenti dei superiori, avevano insistito nel voler rifiutare l’inoculazione del vaccino anti Covid, così nell’autunno del 2021 il loro contratto era stato rescisso. Il Tribunale federale ha dato loro torto e i loro ricorsi sono già stati respinti in prima battuta anche dal Tribunale amministrativo federale (TAF).