L'ex municipale riflette sulla scelta di Maja Hoffmann alla guida del Pardo: "Sapranno la Città e il Ticino cogliere questa sfida?"
di Niccolò Salvioni*
Sono rimasto intrigato, l’altro giorno, della notizia della possibile nuova futura presidente del festival del film di Locarno che sarà proposta all’assemblea il prossimo 20 settembre.
Una scelta-sorpresa, che merita qualche riflessione sugli effetti che questa potrebbe comportare.
Non conosco personalmente la candidata Signora Maja Hoffmann, né ho avuto modo di sperimentare cosa ha creato ad Arles o altrove.
Ho avuto modo, nel passato, di visitare la Fondazione Jan Michalski a Montricher nel cantone di Vaud, creata da sua sorella Vera in onore del deceduto marito.
Si tratta di un progetto di sviluppo letterario strabiliante, ai margini di una foresta sopra Losanna. Una grande biblioteca multilingue con 80.000 volumi, un auditorium, una sala espositiva, un caffè letterario e delle “cabine” adibite a residenza di scrittura, riservate con anni in anticipo da tutto il mondo. Allego una foto della biblioteca.
Maja Hoffman non parla la lingua italiana? Ciò potrebbe crearle problemi di comprensione locale se non avesse capacità diplomatiche. La direttrice tecnica Lili Hilstin ha percepito a suo tempo cosa possa significare fare passi strategici sbagliati, a Locarno.
La possibile futura presidente del festival però non sarà sola, farà parte di un gruppo di persone rodato, capace e già molto profilato, dei quali, tutti e tutte, parlano, anche, la lingua italiana e conoscono bene le particolarità ed i protagonisti politici non solo locali, ma anche cantonali e svizzeri, come la candidata d’altronde. Inoltre, dopo tutto, noi ticinesi, viventi in una terra-ponte, siamo da sempre abituati a comunicare con lingue e culture diverse.
Un sito del festival prioritariamente in italiano, secondariamente in francese e tedesco, con componenti in inglese, forse, potrebbe facilitare un ri-avvicinamento svizzero-italiano e magari anche confederato alle sue offerte culturali. Dopo tutto, inizialmente, la lingua internazionale della manifestazione era il francese e, recentemente, la Svizzera è stata considerata solo al 29 posto in Europa, per la conoscenza della lingua inglese.
La possibile presidente ha una indubbia, straordinaria, esperienza nel settore artistico, documentaristico e filantropico. Innestarla nella struttura associativa del festival del film di locarno, strettamente connessa, al 50%, con sponsor politici quali Confederazione, cantone Ticino, Enti regionali e i Comuni, non permette di prevedere a priori cosa ne potrà scaturire e rappresenta probabilmente la sfida maggiore.
Maja Hoffmann, a prescindere dalla sua componente di mecenate nel settore delle arti, è una svizzera rappresentante di una famiglia storica di primo piano non solo a Basilea, da dove ne derivano le origini industriali e le fortune, ma di tutta la nazione elvetica, di cui anche il Cantone Ticino e il locarnese fa parte. Una famiglia, tradizionalmente, con grandi aperture culturali, anche verso i paesi dell’est, come anche verso la protezione degli animali e dell’ambiente.
La stessa candidata ha dimostrato di sapere creare e gestire molte strutture culturali, ed è tutt’ora impegnata in tanti progetti, in molti paesi. Non riuscirà nell’impresa poiché troppo occupata altrove? Non penso, grazie alle nuove tecnologie è possibile partecipare a riunioni di consigli anche da remoto. Le ulteriori modifiche di „governo“ previste per l’associazione dovrebbero facilitare ciò, e comunque ella non sarà sola.
L’aspetto più insolito della scelta effettuata dal consiglio di amministrazione del festival, composto da molti rappresentanti politici, consiste proprio che, contrariamente alle ipotesi, Maja Hoffmann non fa parte dei classici candidati locali, distinti da cariche politiche di prestigio. Non è una „politica“ né una “notabile” ticinese. Proprio a seguito del suo mettersi disposizione, per un evento culturale di rilievo che si svolge in un’area culturale sfavorita, periferica, provinciale della Svizzera, ove si parla una lingua minoritaria che non padroneggia, quando ella potrebbe anche - tranquillamente- non farlo, denota un suo grande coraggio e spirito di sacrificio, che le va riconosciuto.
Anche per i politici che l‘hanno designata quale candidata, la decisione è coraggiosa, poiché testimoniano, così, che in Svizzera, non esiste, solo, la politica e che questa non esiste, solo, per alimentare politici attivi o passati.
Dopo il grande sviluppo e lancio della manifestazione cinematografica internazionale di Locarno anche fuori dal Cantone Ticino e dalla Svizzera sotto la tenace presidenza di Marco Solari, dopo l’imprenditore ticinese Raimondo Rezzonico, questa, sotto la direzione di una fuori classe elvetica dai contatti planetari come Maja Hofmann, ha l’opportunità di fare il „salto quantico“, entrando in un nuovo spazio esistenziale, di cui non solo il locarnese, ma il cantone Ticino, la Svizzera e i paesi a noi vicini, ne potrebbero beneficiare.
Per il festival del film di Locarno si preannuncia una nuova era, se l’assemblea accetterà la proposta.
Sapranno Locarno, il locarnese e il Ticino e le loro politiche cogliere e sostenere la sfida evolutiva di apertura ed i nuovi contatti che portrà indurre la nuova presidente, mantenendo al contempo il composto « collante » integrativo con sede nella antica città di Locarno della Pace, che rende la manifestazione così speciale?
L’aspetto sorprendente della proposta è dunque proprio che una privata, che non deve chiedere a nessuno, venga chiamata a presiedere una struttura anche privata, ma finanziata e sostenuta, per la metà, da contributi pubblici. Il pubblico che si avvicina al privato e alle sue competenze.
Nella storia del festival, i sette presidenti che l’avranno preceduta sono stati tutti ticinesi e uomini. Tra questi, un avvocato, un giudice, tre politici, un imprenditore e, per finire, l’attuale presidente Marco Solari, uno sperimentato amministratore privato/pubblico con grandi capacità diplomatiche e fiuto politico quale integratore nazionale poliglotta.
A ben vedere l’evoluzione naturale non può ora che essere che sia una notabile imprenditrice svizzera che, quale presidente, continui il ruolo d’integrazione nazionale dell’evento, sviluppato da Rezzonico e poi da Solari, quale vetrina internazionale culturale della «svizzeritudine», in chiave locarnese e ticinese.
Questo è, forse, il destino e ruolo evolutivo anche del Cantone Ticino: il sapersi collocare dinamicamente tra rapporti internazionali, Confederazione, Repubblica e Cantone, comunità ed individui, integrandosi in una tra le più complesse, performanti quanto incredibili economie libere, anche culturali, del mondo. Essendo, capaci, pure, di astrarre da noi stessi, per il bene del paese. Grazie, Marco Solari.
*avvocato e già municipale di Locarno