Lo struggente e delicato ricordo del fratello Nino a un anno dalla scomparsa: "Attendeva la fine con impazienza..."
LONDRA - Sabato 6 gennaio sarà trascorso un anno dalla scomparsa di Gianluca Vialli, stroncato da un tumore al pancreas dopo cinque anni di lotta contro la malattia. La morte dell’ex centravanti aveva commosso l’intero mondo dello sport e non solo. Vialli era infatti considerato un uomo integro e signorile, ricco di valori e di umanità. Un esempio trasversale che, nella lunga e tormentata battaglia finale della sua vita, aveva assunto ancora di più il ruolo di simbolo.
Stamane, sul Corriere della Sera, è il fratello Nino a ricordarlo: “Un aggettivo per descrivere Gianluca? Brillante. Dire spiritoso è limitativo, intelligente è limitativo. Brillante forse mette insieme tutta la sua personalità. E perfezionista".
Nino ricorda anche gli ultimi momenti di vita del famigliare, con parole cariche di realismo e commozione: “Era cosciente che la fine si avvicinava, l’attendeva con impazienza, voleva smettere di soffrire, di lottare. Non era da lui, ma la malattia era durata troppo".
Nino Vialli è il fratello maggiore, di otto anni più grande rispetto a Gianluca. Un rapporto vissuto a distanza il loro:"Io, negli ultimi anni, da che mi sono trasferito in Thailandia, Luca l'ho vissuto pochissimo. Ci sentivamo per telefono. Spesso, dopo che ha scoperto la malattia, non mi rispondeva, a volte neanche ai messaggi, io credo per l'imbarazzo che gli chiedessi ‘Come stai?'. Si faceva sentire quando stava proprio bene, sennò si negava un pochino".
Una distanza che si è annullata nelle ultime settimane di vita di Vialli, quando fu ricoverato nell’ospedale londinese, dove poi morì: "Mia moglie Nadia e io siamo stati ininterrottamente a Londra in quei giorni e ho avuto la soddisfazione di riscoprire un rapporto che comunque c'era. Un rapporto da fratello maggiore. Cosa mi ha detto? Era fatto alla sua maniera. Quando siamo arrivati in stanza, ci ha detto: ‘Non preoccupatevi: se voglio qualcosa, ve la chiedo'. Il 27-28 dicembre ci ha rincuorato: ‘Siete i compagni ideali, siete qui, io so che ci siete'. Penso che la sofferenza fosse troppa. Si appisolava sempre più frequentemente, si svegliava poco e noi abbiamo solo potuto stagli vicino. Eravamo tutti lì quando è spirato".
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