CRONACA
'Alcol test selvaggi' da Como a Turgovia... L'avvocato Rossano Guggiari sui "controlli feroci"
Due casi fanno discutere a distanza di poche settimane. Il legale: "Comunque la nostra legge sulla circolazione stradale va rifatta da zero"
Archivio TiPress

LUGANO - Si potrebbe parlare di “alcol test” selvaggi. Due casi fanno discutere a distanza di poche settimane. Il primo è accaduto nel Canton Turgovia, il secondo a Como nei giorni scorsi. In entrambi i casi i protagonisti sono stati sottoposti al controllo alcolemico, con relativa revoca della patente, anche se non stavano guidando. Abbiamo chiesto un parere all’avvocato Rossano Guggiari, esperto in casi giudiziari legati alla circolazione stradale.

Ma iniziamo dai casi. Nelle scorse settimane è salito alla ribalta della cronaca il clamoroso ritiro della patente a un 38enne di Arbon, nel Canton Turgovia, risultato positivo all’alcol dopo un controllo di polizia nel suo salotto di casa. L’uomo stava festeggiando con degli amici la nascita del figlio e i vicini si erano lamentati per gli schiamazzi. Gli agenti l’hanno sottoposto all'alcol test (il tasso alcolemico è poi risultato essere superiore al 2 per mille) e gli hanno raccomandato di abbassare i toni e il volume della musica. Tutto a posto? Niente affatto. Qualche giorno dopo al 38enne è stato notificato un avviso di ritiro della patente. Questo perché - come ha spiegato il suo avvocato dopo che il Tribunale ha respinto il ricorso - “nel caso del mio cliente, i giudici hanno ritenuto che i livelli di alcol registrati dalla polizia potessero indicare una certa abitudine all'alcol e quindi eventualmente una dipendenza che escludesse l'idoneità alla guida”. Insomma, un ritiro preventivo fondato su una sorta di presunzione di dipendenza.

Da Como arriva invece la notizia di una patente sospesa in seguito a un alcol test positivo riscontrato a un 40enne che era appena uscito da un ristorante (LEGGI QUI). Nel caso italiano, il protagonista ha chiesto e ottenuto – ma dopo mille peripezie - la sospensione del provvedimento, in quanto palesemente ingiustificato. Il suo avvocato, Ivano Chiesa, ha lanciato sui social un monito a non sottostare a queste prevaricazioni, invitando a insistere per far valere le proprie ragioni. Imporre un etilometro in via preventiva, su mere ipotesi o supposizioni, è in fin dei conti un’esagerazione, forse finanche un abuso di potere, alla “Minority Report”.

“Sul caso italiano non mi pronuncio – commenta l’avvocato Guggiari -, ma per quanto riguarda la Svizzera posso affermare che la nostra legge federale sulla circolazione stradale, risalente ormai al 1958, poi raffazzonata con varie modifiche legate all’introduzione delle norme di ‘Via Sicura’, è sicuramente da rifare di sana pianta”.

Il fondamento delle norme legate all’idoneità alla guida, aggiunge, “è un concetto ovviamente condivisibile, che impone una particolare attenzione laddove si riscontrino, o si sospettino, casi di dipendenza da alcool o droghe, o patologie particolari, e che prevede la revoca della patente per ragioni di sicurezza stradale. E fin qui siamo tutti d’accordo. Il problema è l’uso scriteriato che a volte si fa di questa norma. Il caso di Arbon mi pare, pur non conoscendo tutti i dettagli della vicenda, un esempio lampante di questa applicazione feroce da parte della polizia e delle autorità”.

E sì, perché sia nel caso di Como sia in quello di Arbon la cosa che colpisce è il fatto che i protagonisti non sono stati sottoposti all’alcol test mentre si trovavano alla guida. “Esatto, se sto camminando per strada o peggio ancora se sono in casa mia, anche se ho bevuto alcolici, ho tutto il diritto di rifiutarmi di sottopormi a un eventuale controllo, che lederebbe la mia sfera privata. Io, personalmente, mi rifiuterei di farlo”.

I controlli di polizia e le eventuali relative sanzioni, e questo vale anche per i radar, conclude Guggiari, “dev’essere una questione di misura e di ragionevolezza. Ma oggi c’è una sorta di automatismo nell’applicazione delle norme, anche da parte dei giudici, come dimostrano diverse sentenze del Tribunale federale”.

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