Condanna anche per l'impresario edile, colpevole di ingiuria. ll caso, accaduto in Vallemaggia, potrebbe fare scuola. Ecco perché...
BELLINZONA – Si è chiuso senza appello il procedimento penale legato al litigio che nell'agosto del 2020 ha visto coinvolti un impresario edile della Vallemaggia e un sindacalista di UNIA. La Pretura penale di Bellinzona ha riconosciuto quest’ultimo colpevole di violazione di domicilio per essere entrato e trattenutosi senza autorizzazione all’interno di un cantiere privato, malgrado le ripetute ingiunzioni a lasciarlo. L’impresario, dal canto suo, che era stato denunciato dal sindacato, è stato condannato per ingiuria. Una decisione che, al di là dell’aspetto penale, assume un rilievo particolare per il settore dell’edilizia e per il mondo imprenditoriale più in generale.
I fatti risalgono all’estate del 2020, quando il caso fece scalpore: il sindacalista si era introdotto in un cantiere recintato, senza permesso e contro la volontà espressa dal titolare, il quale lo aveva invitato più volte a uscire. A seguito del rifiuto di allontanarsi, ne era nato un alterco sfociato in reciproche querele: erano volate parole grosse e pure qualche sasso. Tuttavia, il cuore del procedimento è stato l’accertamento della violazione del domicilio da parte del sindacalista, condannato a una pena pecuniaria sospesa con la condizionale.
Una questione di principio per gli imprenditori
Il nodo giuridico della vicenda riguarda la possibilità per un sindacalista di entrare in un cantiere senza il consenso del proprietario. Secondo la Pretura, tale diritto non sussiste. La libertà sindacale garantita dalla Costituzione federale non implica automaticamente un diritto di accesso alle proprietà private.
“Il Tribunale ha confermato un principio fondamentale già chiarito dalla giurisprudenza federale – spiega l’avvocato Paolo Caroni, legale dell’impresario –. Un sindacalista non può introdursi in un cantiere privato contro la volontà del proprietario, e se lo fa, commette violazione di domicilio. Questo vale anche nel caso in cui l’intento sia di parlare con gli operai”.
Controlli solo tramite la Commissione paritetica cantonale
Caroni sottolinea inoltre che “per i controlli nei cantieri esistono procedure ben definite: la competenza spetta esclusivamente alla Commissione paritetica cantonale, che ha il mandato di verificare l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro. Non è ammesso che singoli rappresentanti sindacali si presentino autonomamente sui luoghi di lavoro, aggirando le regole e i diritti dei proprietari”.
Una posizione che, confermata dal giudice, offre una maggiore sicurezza giuridica agli imprenditori del settore. “La sentenza è importante perché sancisce che il rispetto del domicilio vale anche nei cantieri – conclude l’avvocato –. Non si tratta di ostacolare l’azione sindacale, ma di garantire che essa avvenga nei modi previsti dalle norme. I diritti sindacali non sono superiori al diritto di proprietà”.
Una decisione destinata a fare scuola
La vicenda, che aveva suscitato un certo clamore all’epoca, si chiude dunque con una presa di posizione netta della giustizia ticinese: il cantiere è una proprietà privata a tutti gli effetti. L’accesso vi è regolato dalla legge e da procedure precise. Una sentenza che, pur non facendo giurisprudenza vincolante, potrebbe rappresentare un importante precedente per futuri casi analoghi.