Il Federalista indaga tra le pieghe del nuovo negoziato tra il nostro Paese e Bruxelles. E tra i giuristi c'è chi parla di "colonialismo giudiziario"
Articolo a cura della redazione de ilfederalista.ch
Ce la farà questa volta ad andare in porto l’infinito percorso negoziale con Bruxelles? Parliamo, l’avrete capito, dei nuovi accordi con l’UE, soprannominati “bilaterali III” (spesso indicati come “Stabilisierungsverträge”, ovvero contratti intesi a dare stabilità ai nostri rapporti con l’UE). Il mandato negoziale è stato presentato a dicembre dal Consiglio federale e il progetto è ora in fase di consultazione, sottoposto al giudizio dei Cantoni e delle Camere federali.
Dal Parlamento nazionale sono usciti settimana scorsa alcuni responsi. Luce verde (con qualche cautela) è arrivata dalla Commissione politica estera degli Stati (CPE-S) e dalla Commissione economia e tributi del Nazionale (CET-N). Se, prevedibilmente, i commissari UDC si sono opposti, qualche alzata di ciglio vi è stata pure da parte dei rappresentanti del Centro (stando alle indiscrezioni filtrate dalla stampa confederata). Del resto, lo stesso presidente del Centro G. Pfister, nella precedente tornata di consultazioni (era il 2020) , si era espresso con fermezza su uno dei punti chiave dell’accordo: "Il ruolo della Corte di giustizia europea nell'accordo quadro -aveva tuonato- è tossico [...]. È inaccettabile che una Corte europea unilaterale decida sulle relazioni tra l'UE e un Paese non membro".
La frase di Pfister è stata ripresa, e non a caso, da un parere che la Commissione economia e tributi del Consiglio Nazionale ha chiesto all’autorevole giurista ed ex giudice della corte dell’Associazione europea di libero scambio Carl Baudenbacher. Un parere giunto a Berna come un siluro devastante. Il giurista, già più volte intervenuto sul Federalista, ce ne ha inviata copia. Ve ne proponiamo una sintesi. Allacciate le cinture…
Baudenbacher: tra due litiganti non dovrebbe decidere il tribunale di una delle due parti
Per Baudenbacher nessuno sembra volersi curare di quella che resta la vera pietra d’inciampo nel mandato negoziale. Anche sul nuovo progetto si staglia infatti ingombrante l’ombra della Corte UE come unico organo dirimente in caso di conflitti. Eppure, “nel diritto internazionale non è consuetudine che una delle parti contraenti si sottometta alla più alta corte dell'altra”.
Inquietudine, dunque, nonostante le rassicurazioni di alcuni giuristi secondo i quali il fatto che vi sarà un Tribunale arbitrale a giudicare in prima istanza tra Svizzera e UE (un organo giudicante super partes), come previsto dal Common Understanding su cui si sta lavorando, dovrebbe farci dormire sonni tranquilli.
Un tribunale arbitrale di facciata
Nel parere offerto alla CET-N, Baudenbacher sottolinea che in realtà il tribunale arbitrale farà sempre riferimento alla Corte di giustizia dell’UE (CGUE): in caso di controversie non risolvibili gli arbitri dovranno chiedere un parere alla Corte UE, ma anche quando non fosse il caso, per decidere su questioni inerenti il mercato comune, dovranno fare ricorso alla giurisprudenza della CGUE, ovvero alle decisioni prese in precedenza dal tribunale dell’UE.
Il ruolo della CGUE non sarebbe neppure limitato agli ambiti discussi nei “nuovi bilaterali” (cinque accordi pregressi da aggiornare e due nuove intese), come sostengono alcuni giuristi favorevoli al pacchetto. Col tempo potrebbe estendersi a numerosi capitoli aggiuntivi. E di capitale importanza, come la concorrenza fiscale tra Cantoni o come il ruolo delle banche cantonali.
Non per niente si chiama “modello Ucraina”
Questo modello era stato pensato, a suo tempo, per gli Stati ex sovietici. Dai britannici, che se ne sono sottratti a fatica nei negoziati post-Brexit, viene chiamato “modello Ucraina”. Infatti è stato pensato per le repubbliche ex sovietiche di Armenia, Georgia, Moldavia e Ucraina e ora, nell’ambito di accordi commerciali in contrattazione, proposto a Marocco, Algeria, Egitto e Giordania.
Con quale scopo? Baudenbacher: “Per avvicinare questi Paesi alla democrazia, allo Stato di diritto e all'economia di mercato”. Il fine principale non è dunque quello di offrire giudizi equilibrati: “L’obiettivo è di raggiungere la massima omogeneità possibile nel mercato interno [europeo]”.
Un atto di “colonialismo giudiziario”
Per Baudenbacher la Svizzera, una delle democrazie più antiche al mondo, non può accettare questo accordo. Persino “l’attuale consigliera federale Karin Keller-Sutter”, prima di entrare in Governo a Berna -scrive l’ex giudice- “aveva respinto la CGUE con l'argomentazione che esso è il tribunale della controparte”.
L’opinione è condivisa da una lunga schiera di specialisti citati nella relazione:
Franklin Dehousse, ex giudice belga del Tribunale dell'UE, definisce questo approccio "imperialismo giudiziario". Il professore di diritto internazionale di Oslo ed ex direttore del King's College dell'Università di Londra, Mads Andenas, descrive l'approccio come lo "Spazio Economico Europeo dei poveri". La politologa britannica Beth Oppenheim ritiene che il trattato sia "fortemente inclinato a favore dell'UE" e descrive il Tribunale arbitrale come "una foglia di fico"”. Secondo l'esperto belga di diritto internazionale Guillaume van der Loo, il "tribunale arbitrale" ha lo scopo di "nascondere" ("conceal") l'enorme trasferimento di sovranità all'UE. (...) Non si addice alla Svizzera. Secondo l'avvocato commerciale britannico Martin Howe KC, il "Tribunale arbitrale" funge da mera "cassetta postale" per la trasmissione della controversia alla CGUE […]. Il professore di diritto olandese Dimitry Kochenov parla di un "trattato ineguale" ("unequal treaty"). (...) L’avvocato e docente italiano Maurizio Lo Gullo che pratica anche a Lugano ha dichiarato che la CGUE diventerebbe un organo della Svizzera. Per il docente Christian F. Schneider, dell'Università di Vienna: "Una perdita di sovranità non necessaria" (...).
Quella volta che la Svizzera ricorse alla CGUE… (spoiler: era andata malissimo)
Altri giuristi, scrive Baudenbacher, insistono sul fatto che quando in passato la Corte UE è stata chiamata a giudicare in vertenze che coinvolgevano aziende e privati svizzeri, avrebbe sempre espresso giudizi corretti ed equilibrati. In realtà tali precedenti, a detta dell’ex giudice AELS, non dicono nulla circa il nuovo compito che la CGUE dovrebbe svolgere nei nuovi contratti in discussione: vale a dire dirimere “controversie [non tra privati, bensì] di diritto internazionale tra la Svizzera come Stato e l'UE come entità sovranazionale”.
Da questo punto di vista, spiega il giurista, “c'è un precedente, e non si è concluso positivamente per la Svizzera: la [nota] controversia sul rumore degli aerei di Zurigo”. Allora la CGUE diede la preferenza alle richieste degli abitanti della Foresta Nera tedesca su quelli elvetici rappresentati dalla Confederazione, costringendo l’aeroporto di Zurigo a cambiare le rotte degli avvicinamenti (con costi supplementari per lo scalo).
Il TF farà da spettatore
Ultimo punto dolente. I nuovi accordi relegheranno il Tribunale federale svizzero a spettatore. Per Baudenbacher è problematico il fatto che nei rapporti con l’UE il Tribunale federale svizzero non avrà più alcun ruolo: “Nessun'altra Corte suprema dell'UE o dello SEE è trattata così male”. Le stesse Corti nazionali hanno fissato in passato “limiti di sovranità alla CGUE”. “Un esempio tra i tanti è la giurisprudenza del Conseil d'État francese, secondo cui la protezione della sicurezza interna rimane di competenza francese finché non esistono garanzie equivalenti nel diritto dell'UE. Il Tribunale federale non avrebbe analoghe possibilità”. Che dire? Si attendono reazioni.
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