Intervista a Filippo Ciceri, insegnante di scienze e matematica in una scuola ticinese: "La scuola sta trascurando il suo mandato più specifico, ovvero trasmettere l'ABC della cultura"
Contributo a cura de ilfederalista.ch
E se la cosiddetta “propaganda gender” fosse silenziosamente approdata anche nelle nostre scuole? La domanda è in realtà un po’ retorica, stanti le perplessità sorte già durante l’elaborazione delle prime linee guida sull’educazione sessuale nei corsi delle medie, rafforzate da successive polemiche puntuali, ultima quella sull’Agenda scolastica dello scorso anno.
A darne conferma è ora la lettera spedita ad alcuni media ticinesi da Filippo Ciceri, insegnante di scuola media in scienze e matematica. La missiva racconta di un recente corso di aggiornamento rivolto a tutti i docenti del Cantone, organizzato nell’ambito della rassegna “Generando-Visioni di genere” con il partenariato di vari enti governativi tra i quali la Commissione per l’educazione affettiva e sessuale nella scuola (Ceas).
Un aggiornamento, appunto. Ovvero un’occasione per i docenti di apprendere nuove scoperte e nuove linee guida per perfezionare il proprio lavoro di insegnanti. Linee guida che però, più che avere il gusto di nuove direttive scientificamente provate, sapevano di divulgazione ideologica.
Un mezzo passo falso per le nostre istituzioni pubbliche che, soprattutto quando si parla di insegnamento, dovrebbero avere non uno ma due occhi di riguardo per la pluralità delle opinioni, l’attendibilità scientifica e l’oggettività.
Abbiamo dunque sentito il Professor Ciceri per approfondire con lui quanto emerso dal citato corso di aggiornamento.
Professor Ciceri, la sua lettera ai media porta il titolo “Identità di genere: formazione dei docenti o propaganda?” Da dove le viene questo dubbio?
"Col senno di poi già il nome della rassegna di cui l’incontro fa parte, ovvero “Generando – visioni di genere”, fa pensare. Parla di generare visioni, “vuole schiudere nuovi orizzonti” si legge sulla loro pagina web. Nello specifico del pomeriggio di formazione, trattandosi di un incontro istituzionale, mi sarei aspettato una presentazione che contemplasse almeno due punti di vista. Devo comunque dire che il clima era aperto al dialogo, questo l’ho apprezzato. So che qualcuno non ha osato intervenire per non contraddire alcuni superiori, ma questo è un altro discorso che purtroppo vale un po’ in tutti gli ambiti. In sostanza comunque mi è sembrato che l'approccio fosse unilaterale. Le tesi portate erano piuttosto uniformi al pensiero mainstream LGBTQ+".
Perché questo la inquieta?
"Perché è noto che il discorso incentrato sull'identità di genere ha portato anche a delle aberrazioni. Eppure non c'è stato alcun riferimento a queste enormi criticità. Mi chiedo perché, e non mi so rispondere. Mi sembra impossibile che persone con delle responsabilità socio-pedagogiche che si propongono come formatori in questo ambito non siano a conoscenza dei tanti lati oscuri del gender, sia sul versante teorico che pratico".
Venendo ai contenuti del pomeriggio di formazione, ci può fare qualche esempio di cose che non l’hanno convinta?
"Sono state dette molte cose, ma l’apice concettuale è contenuto nella seguente affermazione: “Il binarismo sessuale è un costrutto sociale”. E si parlava di sesso biologico. Trovo che tale affermazione passi il limite, perché il binarismo sessuale a livello biologico è un dato lampante. Chi lo nega o gioca con le parole oppure ha delle mire precise. Un’affermazione come quella non può che sorgere da un humus ideologico. Basta infatti la biologia che si studia alla scuola media per capire che il binarismo sessuale è una pietra miliare dell'evoluzione dei viventi. Il modello sessuale binario è tra le cose più chiare che si possono cogliere in natura, e non solo nei mammiferi. Non accettare questo fatto è espressione di tracotanza intellettuale. O di una gran confusione".
È pur vero che esistono persone il cui sesso biologico non è perfettamente definito. Esiste chi, a livello cromosomico e a livello di sviluppo degli organi genitali, si trova in una zona grigia: sono i così detti intersessuali. Non è questo un dato che confuta il binarismo?
"La cosa è ben nota, non è certo una scoperta recente. Ma il sesso biologico ha un impianto palesemente binario e, si badi, non è nemmeno una questione di statistiche e percentuali. Basta andarsi a ripassare come si formano i gameti, essi stessi di due tipi diversi, maschile e femminile. Il tema dell’intersessualità comunque è stato giustamente affrontato durante l’incontro, ma a mio avviso in maniera capziosa".
In che senso?
"Ci è stato detto che l’intersessualità interessa il 2% della popolazione. Un dato che credo stupisca molti di noi. Io ero dubbioso e sono infatti andato ad approfondire. Scavando un po’ si scopre che il dato è quello fornito da una ricercatrice, Anne Fausto-Sterling, la quale non mi sembra affatto una fonte neutrale sull'argomento, anche perché è lei stessa che arriva ad affermare che la distinzione maschio femmina sarebbe principalmente culturale. Mi sa che l’idea precedesse il dato. Tra gli “intersessuali” la Fausto-Sterling comprende infatti anche le persone con tassi anomali di ormoni sessuali, arrivando così a 100 volte l’intersessualità propriamente detta, ovvero quella che tocca persone con un sesso cromosomico incongruente al proprio organo genitale, che riguarda invece circa lo 0.02% della popolazione (dato questo che alla conferenza non è stato comunicato)".
Ma al di là del dato piuttosto gonfiato, qual è il punto che l’ha sorpresa?
"Sempre riprendendo un cavallo di battaglia della Sterling si è puntato il dito sugli interventi chirurgici praticati su soggetti che presentano un apparato sessuale anomalo o incerto o incongruente. Si è parlato di abusi legati a una visione binaria. Io non sono un medico e non so quanti errori si siano verificati in questo senso. Sono dell’idea che di principio la funzionalità debba prevalere su questioni estetico/anatomiche. Ciò che però non mi torna, pensando al corso, è il fatto che nulla invece sia stato detto di quei casi nei quali, all’interno della cosiddetta chirurgia di affermazione di genere, business miliardario, si è intervenuti anche su apparati funzionali, anche su minori. Parliamo di mastectomie, falloplastiche, penectomie, orchiectomie e vaginoplastiche, nonché altre cose che mettono i brividi. Non pochi si pentono e optano per la detransizione. Difficile anche immaginare con che traumi fisici e psicologici. L’aver presentato un unico versante critico, dimenticando l’altro, invero più pertinente, mi sembra evidenzi una capziosità incompatibile con un corso avente un imprimatur istituzionale".
E dire che di chirurgia di affermazione di genere si è parlato molto in questi mesi e con una certa risonanza (per esempio anche sul Federalista.
"Infatti, anche perché i Paesi anglosassoni, i primi ad aver intrapreso certe pratiche, sono proprio in fase di amara retromarcia e di conta delle vittime. Ben nota la chiusura di un apposito centro, il Gids, in Inghilterra. Più recenti e vicine le controversie sul Careggi di Firenze con la frenata all’uso dei bloccanti della pubertà, pratica che trovo di per sé inquietante".
Come si intreccia la questione del gender con gli orientamenti pedagogici e didattici. E quali sono più in generale le ricadute sugli allievi?
"Il tema del gender per la verità non mi sembra avvertito, nemmeno lontanamente, come una priorità dai ragazzi. Più in generale invece non va sottaciuto che se la scuola dell’obbligo si mette a rincorrere di tutto e di più e in particolare determinate competenze psico-sociali, con uno spasmodico bisogno di mostrarsi inclusiva, finisce inevitabilmente per trascurare il suo mandato più specifico, ovvero trasmettere l'ABC della cultura. Fino ad arrivare, come in questo caso, a dire che A non è più A e che B non è più B".
A cosa attribuisce questa tendenza, peraltro promossa a livello internazionale, di mettere l’accento sulle cosiddette “competenze”
"All’idea di fare qualcosa di apparentemente più grande, più complesso, più meritevole di chissà quale encomio sociale. Ma così si finisce per trascurare i fondamentali o, addirittura, come in questo caso a storpiarli. Se è in aumento costante il cosiddetto analfabetismo di ritorno, un motivo ci sarà. E non serve a nulla andare sempre a cercare motivazioni extrascolastiche. Un esame dell’impostazione pedagogica è quantomai necessario. Ma su basi il più possibile oggettive e non ideologiche".
Se le cose stanno così (e a dire il vero anche nel nostro mestiere ci rendiamo conto di una fragilità e trascuratezza espressiva nelle giovani generazioni), chi ne avrebbe la responsabilità?
"A mio parere questo è dovuto in gran parte alle nuove pratiche pedagogiche, in cui tutto pare debba restare orizzontale: la tesi pedagogica alla base di tutte le “innovazioni”, in corso in realtà da vari decenni, è sempre la stessa e cioè che non ci sia veramente qualcosa che noi adulti abbiamo da trasmettere ai ragazzi, anche in termini di insegnamento; ognuno ha le sue capacità, ognuno deve farle fiorire. Il docente non è più un maestro, ma un “facilitatore” ".
Tornando al tema dell’educazione affettivo-sessuale, come si lega tutto ciò alle osservazioni da cui siamo partiti?
"La prima educazione dovrebbe essere quella ad accettare i vincoli della realtà. Se sono un bambino ho bisogno di imparare, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, di qualcuno che mi insegni, non posso farne a meno. Oggi invece passa un altro messaggio. Qualcosa che predispone fin da piccoli al narcisismo, di per sé già imperante. Manca l’umiltà che ci fa cogliere la necessità di ricevere e quindi di dare. E così come si vuole occultare la necessità di dover ricevere qualcosa sul piano dei saperi, ora sembra che nemmeno sia più accettabile il fatto di ricevere il dato naturale del sesso. E stranamente i più strenui difensori della natura sono spesso paladini anche del transgenderismo".
È in questo senso che parlava di narcisismo?
"Sì, un narcisismo che porta all’atomizzazione della società. L’individuo non solo ritiene di essere in grado (e nel diritto) di fare qualsiasi cosa, ma addirittura di decidere il proprio sesso. È l'apoteosi dell'individualismo, l'apice di un delirio. La speranza, e devo dire che conservo un po’ di ottimismo in questo senso, è che toccati nell’intimo, ci si dia una bella svegliata e si torni tutti un po’ più coi piedi per terra. È meglio tirar fuori il coraggio adesso e farsi sentire. Oggi è già dura ma un domani non lontano rischiamo di finire fuorilegge!".