Chiesa, pedofilia e le critiche all'ex vescovo Grampa: cara Lara, ti rispondo. Monsignor Valerio Lazzeri scrive alla deputata Filippini: "Ecco quello che penso"
Il capo della Curia di Lugano, dalle colonne del Giornale del Popolo, replica: "Non posso che dissociarmi dalla sicurezza con cui Lei pronuncia una sentenza di condanna senza appello sul comportamento di chi mi ha preceduto. Detto questo per i sacerdoti colpevoli sono convinto che non ci possa essere un’altra prassi nella Chiesa se non quella da Lei ricordata"
Gentile Signora Lara,
Lei teme che la lettera aperta a me inviata a proposito del problema della pedofilia nella Chiesa rimanga senza seguito da parte mia. Mi chiede inoltre di prendere “pubblica posizione”. Lo faccio volentieri, per quanto mi riguarda. Non posso però che dissociarmi dalla sicurezza con cui Lei pronuncia una sentenza di condanna senza appello sul comportamento di chi mi ha preceduto.
Un vescovo, come ogni essere umano, si trova spesso, in situazioni complesse, a dover prendere decisioni, che a posteriori possono apparire sbagliate, visto che non hanno impedito il ripetersi di un male, ma sul momento sono sembrate appropriate agli elementi a disposizione, tra cui, nel caso recente, un non luogo a procedere, in data 22 luglio 2002, emanato da un procuratore pubblico riguardo alle accuse di pedofilia mosse al prete in questione; segno, questo, che l’identificazione sicura di un pedofilo non è sempre agevole neppure alla Magistratura, quando mancano denunce circostanziate e riscontri diretti. La mia non è una difesa di ufficio. È solo la volontà di non rendere un capro espiatorio di tutta la vicenda chi, dopo un suo discernimento, ha preso una decisione, su cui oggi non sento di dover esprimere un giudizio.
Detto questo, per quello di cui sono in grado di rispondere personalmente, alla luce anche dei recenti progressi fatti dalla Chiesa in questo campo, con Papa Benedetto XVI e con Papa Francesco, sono convinto che non ci possa essere un’altra prassi nella Chiesa se non quella da Lei ricordata: l‘invio alla Congregazione preposta a Roma delle informazioni relative a quei sacerdoti le cui “tendenze vergognose”, venissero “confermate dai fatti”, in vista della loro “riduzione allo stato laicale”. Questo è esattamente ciò che è avvenuto nel caso recente, con la sola differenza, come da me spiegato nel comunicato emanato subito dopo la sentenza, che la conclusione della procedura è stata anticipata, visto che la persona stessa ha chiesto di ottenere subito quanto sarebbe arrivato come sanzione finale. Sono convinto che di fronte a fatti riconosciuti e provati non si possa agire altrimenti.
Certo, più facile sarebbe se ci si potesse muovere da subito nell’ambito di una certezza di colpevolezza. Purtroppo, prima di ottenerla – anche in ambito civile è così – non di rado, occorre tempo e questo a volte può essere fatale. La giusta via tra l’ipergarantismo e il giustizialismo non è mai tracciata in anticipo. Inoltre, va osservato che non sempre è evidente, per le vittime e per i loro familiari, denunciare apertamente chi ha commesso gli abusi.
Per questo, la Diocesi di Lugano si è pienamente conformata alle disposizioni di prevenzione previste dalla Conferenza dei Vescovi Svizzeri, indicando due persone indipendenti di riferimento – nello specifico Rita Pezzati e Carlo Calanchini – che sono a disposizione per ascoltare e aiutare le vittime a intraprendere sia la procedura civile che quella canonica. L’annuario diocesano come pure il sito web della Diocesi segnalano inoltre da tempo l’esistenza di una commissione diocesana apposita, che proprio alla fine del prossimo mese di settembre incontrerà i responsabili dell’omologa commissione a livello svizzero per ancor meglio coordinare e promuovere ogni iniziativa atta a prevenire o a fermare gli autori di simili crimini in ambito ecclesiale.
Senza dubbio, gli sforzi in questo senso non potranno mai essere dichiarati sufficienti e non si potrà mai abbassare la guardia. L’ambito della formazione a livello di seminario e di accompagnamento psicologico e spirituale, soprattutto nei primi anni del ministero, è fondamentale. Occorre sicuramente continuare a promuoverlo. Lo dobbiamo, come Lei dice giustamente, alla “maggioranza dei sacerdoti che quotidianamente s’impegnano con passione e trasparenza nel loro mandato”, ai fedeli che hanno bisogno di ritrovare fiducia, ma soprattutto a tutte le donne e gli uomini che aspettano una parola di Vangelo e hanno il diritto di attendersi che coloro che gliela propongono, come singoli e come istituzione, facciano di tutto e sempre di più per cercare di viverla nella maniera più coerente possibile".
Valerio Lazzeri
Lettera pubblicata sull'odierna edizione del Giornale del Popolo