Il Consiglio di Stato: “Purtroppo nessuno di coloro che avevano denunciato le inappropriate modalità di intervento, lei compreso, ha ritenuto di dover rivedere le dichiarazioni nel frattempo sconfessate da elementi oggettivi”
BELLINZONA - Il Consiglio di Stato ha risposto all'interrogazione presentata il 18 settembre da Matteo Pronzini sul rimpatrio forzato di una madre straniera e dei suoi due figli di 8 e 4 anni. E non ha lesinato critiche al deputato del Movimento per il socialismo.
La famiglia era stata prelevata dalla Polizia all'albergo La Santa di Viganello e portata all'aeroporto di Zurigo per dare seguito a una decisione di espulsione verso l'Italia.
La polemica scoppiò dopo che un gruppo di cittadini denunciò un trattamento disumano, in quanto la Polizia avrebbe costretto la madre in lacrime e i due bambini che vomitavano a salire su un aereo. Fece seguito l’interrogazione di Pronzini.
La donna, una volta sull'aereo, si era comunque opposta al rimpatrio ed era stata fatta scendere ed era tornata a Viganello con i suoi figli. Poi, il 3 ottobre, il Commissariato Onu per i rifugiati accolse un ricorso presentato dagli avvocati Immacolata Rezzonico e Paolo Bernasconi e sospese il loro allontanamento.
Ecco le risposte del Consiglio di Stato alle domande di Pronzini.
1. Sulla base di quale disposizione legale la Polizia ha deciso di far irruzione in piena notte nei locali ospitanti la madre e i suoi due figli?
Innanzitutto è bene rilevare che è completamente errato parlare di irruzione da parte della Polizia cantonale. La Polizia cantonale si presenta in maniera pacifica presso gli alloggi in cui lo straniero oggetto di una decisione di allontanamento soggiorna temporaneamente in attesa di essere rinviato verso il Paese Dublino per la riammissione conformemente alle modalità di cui agli accordi di associazione alla normativa Dublino. Come illustrato sopra la persona interessata è debitamente informata in merito a tale prospettiva ed è pertanto consapevole del fatto che a breve sarà accompagnata dal personale di polizia all’aeroporto per essere trasferita verso il Paese indicato nella decisione intimatale.
Il Cantone di attribuzione è tenuto ad eseguire l’allontanamento della persona oggetto di una decisione negativa in materia d’asilo emessa dalla SEM, sia in procedura di riammissione verso un Paese Dublino che di rimpatrio nel Paese d’origine.
A tal proposito si precisa altresì che la legge prevede la penalizzazione dei Cantoni che non danno seguito all’esecuzione degli allontanamenti sotto forma di decurtazione dei forfait finanziari messi a disposizione dalla Confederazione per far fronte ai compiti demandati ai Cantoni nell’ambito dell’asilo, tra i quali figura anche l’integrazione di coloro i quali al termine della procedura si vedono conferire uno statuto di protezione.
Per quanto attiene all’applicazione pratica, nella procedura di riammissione Dublino, il Servizio asilo dell’Ufficio della migrazione provvede, per il tramite del Servizio rimpatri stranieri della Polizia cantonale (SRS), ad intimare la decisione della SEM. Lo stesso si occupa di riservare presso il Servizio SwissREPAT della SEM il volo verso il Paese di destinazione. Il trasferimento dal Ticino all’aeroporto di partenza viene poi effettuato dalla Polizia cantonale giusta l’articolo 27 dell’Ordinanza sulla coercizione di polizia e le misure di polizia negli ambiti di competenza della Confederazione del 12 novembre 2008.
I Servizi cantonali procedono ad attuare gli allontanamenti disposti dalla SEM. Orari e percorsi sono stabiliti direttamente da SwissREPAT ed i trasferimenti all’aeroporto sono organizzati di conseguenza, come già ampiamente indicato sopra.
2. Chi ha autorizzato questa vergognosa azione? Il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi e/o il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi erano al corrente? Se sì, hanno dato il loro assenso?
Le decisioni di allontanamento e la loro esecuzione sono eseguite nelle summenzionate modalità.
L’attuazione di puntuali decisioni della SEM, trattandosi di mere questioni operative rette da ben precise disposizioni legali e di servizio, nonché da una solida formazione erogata dall’Istituto svizzero di polizia (ISP), non rientrano nelle discussioni politiche e strategiche del Direttore del Dipartimento delle istituzioni e del Comandante della Polizia cantonale. Questi ultimi, in ogni caso, condividono di principio le attuali prassi in materia di allontanamento nella misura in cui esse vengano eseguite, dai preposti servizi, conformemente alle basi legali vigenti in materia di stranieri e d’asilo.
3. Lasciar la famiglia a Zurigo, mostrare foto di persone con mani e gambe legate e occhi bendati per intimorire la madre e i bambini fa parte dei normali protocolli? Se sì, chi ha autorizzato questo protocollo?
Nel caso di partenza volontaria, qualora venisse palesata la contrarietà o l’opposizione a voler seguire il personale di polizia, la procedura viene interrotta e al richiedente l’asilo viene di principio data la possibilità di rientrare al domicilio con il veicolo di servizio della Polizia cantonale o autonomamente. In seguito la fattispecie viene nuovamente valutata dalla SEM.
Allo scopo di fornire una completa informazione sulle procedure, per consolidata e invalsa prassi della Polizia aeroportuale di Zurigo è previsto che a tutte le persone che si apprestano a intraprendere un volo volontario venga mostrata della documentazione fotografica relativa alle misure previste dai protocolli federali nell’eventualità di un rifiuto a partire. Detta fotografia mostra una persona con le misure di coercizione adottate in occasione di voli speciali, misure non adottate con i voli di linea.
4. Non ritiene che in questo caso non vi sia stata nessuna proporzionalità nell’agire delle forze di polizia?
Nell’espletamento dei suoi compiti, la Polizia cantonale agisce secondo delle procedure condivise a livello nazionale nel rispetto dei principi della legalità e della proporzionalità.
5. Non ritiene necessario, anche in nome dei più elementari diritti civili e umani che - come Governo - dovrebbe promuovere, prendere le distanze da simili procedure?
Le procedure sopra descritte rispondono a parametri accettabili in uno stato di diritto e risultano corrette dal profilo del sistema giuridico vigente nel nostro Paese, sempre che siano seguite correttamente nei singoli casi, fatto che è semmai l’autorità giudiziaria a dover accertare. La legge conferisce ai Cantoni il compito di eseguire le decisioni di allontanamento, cosa che il Cantone fa seguendo le procedure descritte. In questa situazione il Consiglio di Stato non ritiene vi siano spazi per dar seguito alla richiesta posta nella domanda. L’inadempimento dell’esecuzione delle decisioni di allontanamento può comportare delle penalizzazioni sotto forma di decurtazione dei forfait finanziari messi a disposizione dalla Confederazione per far fronte ai compiti demandati ai Cantoni nell’ambito dell’asilo, tra i quali figura anche l’integrazione di coloro i quali al termine della procedura si vedono conferire uno statuto di protezione.
In conclusione respingiamo l’accusa rivolta alle autorità cantonali di aver compiuto o sostenuto comportamenti scorretti. Anche i media (vedi articolo de “il Caffè” del 23 settembre 2018) hanno riportato fatti che smentiscono la tesi dell’irruzione da parte della Polizia cantonale presso gli alloggi dei richiedenti d’asilo, mettendo così inutilmente in cattiva luce chi, giornalmente, si impegna a garantire la sicurezza. Purtroppo nessuno di coloro che avevano in una prima fase denunciato pubblicamente le supposte inappropriate modalità di intervento, lei compreso, ha in seguito ritenuto di dover rivedere in qualche modo le dichiarazioni nel frattempo sconfessate da elementi oggettivi. Quest’ultima constatazione porta alla conseguente conclusione che le autorità cantonali hanno operato nel pieno della legalità e della proporzionalità, e che le informazioni prive di ogni fondamento alla fonte di questo e altri atti parlamentari hanno solo gettato inutile discredito sul buon operato delle istituzioni preposte.