Il CEO di Artisa risponde alla lettera aperta del municipale: “Locarno dovrebbe far leva sullo spirito di collaborazione, che auspico possa scorrere tra pubblico e imprenditoria privata”
di Stefano Artioli *
Caro Davide Giovannacci,
ho vissuto a Locarno dal 1999 al 2017, ne conosco dunque la realtà.
È sicuramente una citta fiera della propria identità e delle iniziative ed appuntamenti prestigiosi che sa offrire ai propri cittadini e ai turisti che la frequentano.
D’altro canto non ho mai compreso sino in fondo la ragione per la quale i locarnesi (e intendo non solo gli abitanti della città ma anche quelli dei comuni limitrofi) abbiano potuto e possano tutt’ora convivere con uno stato di degrado edilizio. E cito alcuni esempi:
il comparto della stazione all’ingresso nord della città, il Grand Hotel chiuso da 20 anni, l’hotel Rivabella Beau Rivage anch’esso in stato di abbandono, il porticato di Piazza Grande…
Vero è che la città, da sempre, “appartiene” in buona parte ad alcune famiglie storiche delle quali credo sia del tutto superfluo citare in questa sede il nome, tanto sono conosciute; famiglie che da tempo hanno dimostrato totale trascuranza degli interessi della collettività, a solo favore del proprio profitto economico.
Sorprende come tanto le autorità politiche del passato quanto quelle odierne preferiscano non vedere, non sapere, non porre in essere i dovuti interventi correttivi.
In breve, avendo un tasso di interesse negativo allo 0.75% non mi si dica che il comune (o i comuni della regione tutti insieme, sul modello usato per il Palacinema o per il Centro balneare) non avrebbe potuto acquistare il Grand Hotel e trasformare lo stesso in un nuovo motivo di pregio per la città.
Le ferrovie da 20 anni si confrontano con diatribe e polemiche che scorrono tra Locarno e Muralto e intanto, la stazione con il suo piazzale restano inguardabili. Speriamo che il futuro prossimo ci riservi migliori sorprese.
C’e da non capacitarsene: Locarno con il suo Film festival, con le star cinematografiche che arrivano da tutto il mondo, con la cultura, l’arte che si respira, i concerti in piazza, gli eventi, pare trascurare il lato peggiore che offre a livello edilizio.
Su piazza Grande si affacciano portici fatiscenti e ciò solo perché i proprietari degli immobili non intendono spendere un centesimo per il loro ripristino.
Famiglie tanto forti e influenti da contrastare, legare mani e piedi, la buona volontà di un Comune che guidato com’e, da una municipalità e da un Sindaco di vedute moderne, desidererebbe rimodellare il volto della città perché la sua vocazione turistica possa finalmente esprimersi al meglio.
Ma, per esprimersi al meglio, Locarno dovrebbe far leva sullo spirito di condivisione e di collaborazione, che auspico possa scorrere tra “pubblico” e “imprenditoria privata”, velocizzare idee, progettualità e tempi di realizzazione.
Dovremmo mirare ad una Locarno turistica sempre, e non dormiente per oltre 6 mesi l’anno.
Mirare, ad una Locarno con offerte alberghiere al passo coi tempi, che rispondano alle esigenze del visitatore di oggi.
Ripeto e concludo, al Comune e alla municipalità tutta va il riconoscimento e l’approvazione per l’impegno che in questi ultimi anni hanno profuso a favore del nuovo piacere di vivere il centro.
Ora, restano da abbattere vecchiume di pensiero e individualismi famigliari.
Propongo in primis, l’acquisto del Grand Hotel eventualmente anche in formula pubblico/privato, per trasformarlo in Centro congressuale o culturale, o quant’altro…
Se ciò non venisse ascoltato da chi sarebbe invece tenuto a farlo, proporrei di prendere in considerazione, il dettame di un antico proverbio che recita “A mali estremi, estremi rimedi”… Dovessero persino chiamarsi espropri.
* CEO di Artisa Group