di Alessandro Speziali*
Sul piano federale dal dibattito sull’Accordo sulla libera circolazione (ALC) emerge come la Svizzera possa ancora concepire nuove misure di accompagnamento e ottimizzare l‘applicazione di quelle esistenti, a suo tempo introdotte affinché i lavoratori ed imprese svizzeri non siano penalizzati nella concorrenza internazionale. Non si tratta di misure protezioniste, ma orientate affinché nel nostro Paese si mantengano le condizioni di lavoro e salariali usuali, garantendo una concorrenza leale tra imprese. Si tratta – in buona sostanza – di garantire alla Svizzera non solo il suo tenore di vita, ma un aspetto fondamentale del nostro DNA socioeconomico: la pace sociale. Un giusto equilibrio tra apertura internazionale e misure di accompagnamento permette infatti al nostro paese di beneficiare dell’accesso al suo principale mercato di riferimento, indispensabile per il nostro benessere, e, al contempo, di contrastare la pressione che una maggior concorrenza inevitabilmente implica, e di evitare, soprattutto, misure più drastiche che isolerebbero la Svizzera nel contesto europeo.
Nel caso in cui il popolo svizzero accettasse l’iniziativa UDC “Per un’immigrazione moderata”, il Consiglio federale dovrà infatti disdire l’ALC e, a seguito della cosiddetta “clausola ghigliottina” verrebbero a cadere automaticamente gli accordi bilaterali I (così come cesserebbe la partecipazione della Svizzera ai sistemi di Schengen e Dublino essendo la libera circolazione il pilastro su cui poggia questa nostra collaborazione), costituendo un vero e proprio salto nel buio per la nostra economia – e non solo. Se invece l’iniziativa fosse respinta, accanto ai benefici per l’economia nazionale occorrerà continuare con una severa applicazione delle misure d’accompagnamento esistenti, sfruttando al contempo i margini di manovra per concepirne di nuove, soprattutto in un Cantone di frontiera come il nostro.
Per la Svizzera e in particolare per il Ticino sarebbe quindi vantaggioso trovare anche nuove soluzioni per accompagnare l’ALC, verificando gli esempi delle misure praticate o allo studio negli altri Paesi UE. A titolo di esempio, durante le recenti elezioni austriache è emerso come il Governo stia elaborando nuove misure di accompagnamento, poiché la concorrenza tra manodopera interna ed estera comporta un’eccessiva pressione su salari e condizioni di lavoro, soprattutto dai lavoratori dell’Est Europa.
Il Cantone Ticino in passato si è già fatto promotore di un rafforzamento delle misure di accompagnamento – grazie anche a misure individuate dal DFE. Gli strumenti da attivare dovrebbero consentire di rafforzare il nostro mercato del lavoro, con un’efficacia maggiore rispetto alle attuali misure di accompagnamento.
Per questi motivi chiediamo al Consiglio di Stato:
Ritiene opportuno farsi nuovamente promotore di una proposta a livello federale?
Quali sono i maggiori ostacoli nello sfruttamento del margine ancora a disposizione?
È in corso un monitoraggio da parte del Consiglio di Stato delle misure di protezione del mercato del lavoro negli altri Paesi UE? Se no, il Governo cantonale intende attivarsi in questo senso?
La proposta dell’ex Segretario di Stato Michael Ambühl per una clausola di salvaguardia bottom up compatibile con i bilaterali ma attenta alle situazioni particolari, è ancora attuale o potrebbe essere aggiornata?
In alternativa o in aggiunta a una nuova misura di accompagnamento, è praticabile un’iniziativa nell’ambito della perequazione federale degli oneri, proponendo una modifica dei parametri di calcolo maggiormente aderente alla realtà socioeconomica del singolo cantone?
*Deputato - Interrogazione presentata a nome del Gruppo PLR