"La maggior parte di coloro che hanno perso il lavoro negli ultimi due mesi sono donne", osserva la granconsigliera pensando alla giornata del lavoro. "Ma ci sono anche donne che lavorano più di prima, occupandosi anche di figli e economia domestica"
di Natalia Ferrara*
La pandemia non solo ha ammalato migliaia di persone e ucciso molte di queste anche in Svizzera ma ha indebolito ulteriormente alcune categorie di lavoratori, anzi, per essere precisi, di lavoratrici. L’impatto negativo sul lavoro femminile è evidente, in particolare dove vengono pubblicate statistiche sul mercato disaggregate per genere (ad esempio negli USA), ciò che alle nostre latitudini purtroppo non avviene.
La maggior parte di coloro che hanno perso il lavoro negli ultimi due mesi sono donne. Evidenti i motivi, per citarne solo alcuni e semplificando: le donne sono maggiormente impiegate nei settori colpiti dalle misure di chiusura (vendita, ristorazione, servizi amministrativi, estetica, eccetera); le donne hanno spesso dovuto optare per il lavoro non retribuito, quello fra le
mura domestiche (cura dei figli, assistenza a genitori anziani, eccettera); e ancora, le donne, più frequentemente degli uomini, lavorano a ore e su chiamata, e, per di più, in ambiti meno coperti dalla possibilità di home office (ricezione, assistenza alla clientela e ai quadri, eccetera).
Tutti stanno facendo fatica in questo periodo: deboli, precari, e, in assoluto, le donne, di più.
Ed è giusto dirlo.
Da un lato coloro che hanno perso il lavoro, dall’altro quelle che stanno lavorando più di prima: personale sanitario, nella vendita di beni primari, ma anche impiegate bancarie, solo per citare alcuni esempi. Tutte donne che oltre al carico del proprio lavoro da svolgere in condizioni difficili, hanno sulle proprie spalle (troppo poco anche quelle dei propri partner) la cura dei figli, dei genitori e dell’economia domestica. La forza delle donne non basta per arginare la fragilità strutturale del lavoro femminile.
Se, come si dice, verranno altre pandemie in futuro, mi auguro con tutto il cuore che nella nostra madre patria, nessuna donna debba alzarsi di nuovo alle 4 per poter svolgere il suo turno di 8h24 da casa, mentre accudisce 3 figli e segue anche a distanza i propri genitori, a cui porta la spesa e le medicine. L’esempio non è inventato e, purtroppo, nemmeno isolato.
Buon primo maggio a tutte e a tutti, con la consapevolezza che per il raggiungimento della parità gli auspici non bastano.
*granconsigliera PLR, da Opinione Liberale