Duro j'accuse del consigliere comunale popolare democratico di Lugano al mondo del lavoro ticinese: "Si dice che il ticinese non abbia voglia o che non accetti i lavori per gli orari. Ma non è così, spesso..."
LUGANO - Lavoratori ticinesi discriminati, tacciati di non aver voglia di fare quando non è così? Il pesante j'accuse al mondo del lavoro arriva da Luca Campana, consigliere comunale popolare democratico di Lugano, in una presa di posizione.
"Togliamo dalla lista i pochi che hanno un cognome "ingombrante" per cui la strada professionale è già delineata e pure lastricata di marmo pregiato rosa; per tutti gli altri è abbastanza difficoltoso. Fino a pochi decenni fa il ticinese che faceva il bancario trovava un posto da bancario, l'operaio specializzato entrava in organico aziendale facilmente, e probabilmente vi restava tutta la vita", scrive.
Il percorso è difficile: "Si deve passare sotto le forche caudine anche per chi opta un apprendistato di tre- quattro anni, vedendosi sorpassato da chi ha un certo tipo di esperienza da una regione diversa senza magari neanche un attestato", e si riferisce ai frontalieri, che a suo dire sono molto più difesi.
Serve un cambio di paradigma a favore dei cittadini svizzeri, sottolinea Campana. "Rompere il muro dei pregiudizi tipici della nuova mentalità imprenditoriale ticinese è un impresa ardua, ci si trova confrontati da personaggi e titolari che ripetono come un mantra ciò che a loro fa più comodo, che "il ticinese non ha voglia di lavorare", "che non accetta il lavoro e soprattutto gli orari", sottacendone spesso le condizioni che a volte per un residente rimangono impossibili e alquanto inique, rispetto al costo di vita di un lavoratore extra nazionale", sostiene.
Per concludere: "Noi non abbiamo bisogno di difenderci: noi abbiamo bisogno solo di dissolvere, gradualmente, i pregiudizi nel mondo del lavoro verso i nostri lavoratori indigeni".