Tonini, Mazzoleni, Sanvido, Genini, Alberti e MInotti prendono spunto dal caso di una boutique di Lugano che cerca una commessa da oltre confine. "Quanti disoccupati ticinesi potrebbero occupare quel posto o una posizione analoga?"
BELLINZONA - Un annuncio di una boutique di Lugano, che cerca una commessa, sta facendo discutere. Nell'annuncio si leggeva che la persona cercata è "frontaliera con spiccata attitudine di vendita, capacità relazionale e inclinazione al team". A far storcere il naso, ovviamente, la richiesta che sia qualcuno di oltre confine.
La Lega oggi ha inoltrato una interrogazione sul tema al Governo, domandando quanti disoccupati in Ticino avrebbero i requisiti per quel posto e se le aziende che assumono solo lavoratori italiani non siano da sanzionare. "Prima dello scorso 27 settembre, quando il popolo si apprestava a votare l'iniziativa “Per un’immigrazione moderata”, il mondo politico di centro, di sinistra, e quello dai colori più variegati aveva promesso soluzioni brillanti e miracolose per rafforzare il mercato del lavoro svizzero e in particolare ticinese, a tutela della popolazione residente", scrivono Stefano Tonini, Alessandro Mazzoleni, Andrea Sanvido, Sem Genini, Eolo Alberti e Mauro Minotti.
"Eppure… l'acqua che scorre sotto i ponti è sempre quella di prima, come dimostra l’ennesimo annuncio di lavoro pubblicato da una società, la quale ha messo ben in chiaro di essere alla ricerca per una boutique di Lugano, di un’impiegata di vendita FRONTALIERA, escludendo così tutti i lavoratori indigeni che hanno svolto un apprendistato o una riqualifica quale Impiegato del commercio al dettaglio ottenendo un Attestato federale di capacità, il quale alla luce dei fatti sembra avere meno importanza e valore rispetto alla residenza oltre confine, garanzia di dumping salariale a danno dei residenti ticinesi e delle aziende virtuose che antepongono la responsabilità sociale al mero profitto. Sono situazioni che non abbiamo mai tollerato e che non possiamo più tollerare, in particolare poiché aziende come queste non generano alcun valore aggiunto per il tessuto socio-economico ticinese e, anche qualora forniscono entrate fiscali, queste verrebbero poi comunque utilizzare per sostenere i cittadini privi di un'occupazione!", proseguono, per poi chiedere al Consiglio di Stato:
"Cosa ne pensa il Consiglio di Stato del fatto che molte aziende assumano esclusivamente personale residente oltre confine, escludendo quindi di principio coloro che risiedono nello stesso Stato in cui si trova l’azienda?
L’Autorità, sia essa comunale, cantonale o federale, ha la possibilità di sanzionare aziende che assumono esclusivamente personale frontaliere, o comunque di impedire o limitare tale pratica?
Sapendo che un’eventuale sensibilizzazione delle aziende in questione non produrrebbe alcun effetto, non ritiene il Consiglio di Stato che le aziende che assumono apertamente unicamente personale frontaliere vadano sanzionate?
Il Consiglio di Stato ha elaborato una strategia, o possiede perlomeno una visione, che possa, anche a lungo termine, porre fine a questi fenomeni?
Quanti sono i disoccupati Ticinesi che potrebbero occupare questo posto di lavoro o una posizione analoga?".