Il capogruppo della Lega rompe il silenzio dopo due settimane di polemiche: "UNIA e OCST ipocriti. Il problema del frontalierato è nel terziario, non nell'industria"
MELIDE - Boris Bignasca rompe il silenzio. Il capogruppo della Lega, dopo due settimane di polemiche sul caso Tisin (il sindacato fondato insieme a Sabrina Aldi e Nando Ceruso), ha spiegato dettagliatamente le sue ragioni nella trasmissione “Detto tra noi”, in onda questa mercoledì sera su TeleTicino, non sottraendosi a replicare a molte delle critiche e delle obiezioni sollevate negli scorsi giorni da più parti.
“L’idea di fare un sindacato vicino alla Lega - ha esordito Bignasca - nasce dieci anni fa. Anche il nome, Tisin, era già pronto da allora. Negli ultimi due anni l’idea si è concretizzata e abbiamo raccolto un centinaio di adesioni. Siamo una start up ed è chiaro che il mio auspicio è che Tisin diventi un sindacato a favore del territorio, delle aziende locali e dei residenti. In questi due anni Nando Ceruso, che è presidente, e Sabrina Aldi, vicepresidente, hanno difeso in via bonale dei lavoratori, hanno fatto delle istanze con l’arbitro unico delle paritetiche, hanno fatto delle cause in preture. Poi è arrivata questa situazione di queste tre aziende del Mendrisiotto, che con il salario minimo a 19 franchi avrebbero probabilmente chiuso e delocalizzato e che sono state abbandonate dai sindacati storici, OCST e UNIA. Chi lavora nell’industria è confrontato con un mercato internazionale complesso. Ha la concorrenza dell’Europa dell’est, del sudest asiatico. In più siamo in un periodo delicato segnato dalla pandemia. Va comunque detto che nessuno dei lavoratori di queste tre aziende, riceverà meno in busta paga. E alcuni di questi riceveranno di più.”.
“OCST e UNIA che in Ticino rappresentano un cartello sindacale - ha proseguito il capogruppo della Lega - hanno firmato CCL a 15.20 come quelli con il comparto della moda. Hanno quindi da essere poco ipocriti verso Tisin. Se loro hanno fatto la stessa cosa, non vedo perché gridare allo scandalo verso di noi”
Ma il CCL della moda, a differenza di quello di Tisin, ha una progressione nei salari che nel 2026 raggiungerà la soglia del salario minimo. “Questo è stato un errore di inesperienza da parte nostra”, ha ammesso Bignasca. “Ne ho parlato con Nando Ceruso, che ha 40 anni di esperienza sindacale nell'OCST, ed è una formalo contrattuale che si può sicuramente “copiare” e che spero si possa inserire anche nel CCL firmato con le tre aziende del Mendrisiotto”. Il capogruppo della Lega si è quindi impegnato sul fatto che Tisin non sottoscriverà più in futuro contratti collettivi che non abbiano questa progressione.
In molti, compreso il Mattino, hanno però detto che queste aziende è meglio perderle, se non sono in grado di pagare il salario minimo. Anche perché portano in Ticino il “frontalierato peggiore” (inteso come fenomeno non come lavoratori): quello che produce paghe da fame, consumo del territorio e traffico. Del resto questa è sempre stata una delle critiche più forti della Lega ai sindacati storici. E ora Tisin fa la stessa cosa? “Se noi perdiamo queste aziende sotto accusa, o perdiamo quelle della moda, le persone perdono il lavoro (600 frontalieri e i 200 residenti, per quanto riguarda il nostro CCL). E come Cantone perdiamo imposte alla fonte che ci servono per pagare i sussidi. Perdiamo oneri sociali, contributi AVS e di disoccupazione. Io sarei il primo a volere aziende nell’industria che pagano 20-25 franchi all'ora di minimo. Se ci fossero imprese pronte a installarsi in Ticino con queste prospettive, tutti saremmo d’accordo nel preferirle. Ma in questo momento questa alternativa non c’è e il nostro Cantone non è in una fase economica in cui può permettersi di dire non vogliamo questa azienda, ma ne vogliamo un’altra”.
“Come Lega - ha proseguito Bignasca nella risposta - da tempo abbiamo detto che il frontalierato eccessivo è quello che si registra nel terziario, dove c’è l’effetto sostituzione e dove i residenti cercano posti di lavoro e sono formati per questo. L’industria e l’edilizia hanno sempre vissuto grazie all’apporto della manodopera frontaliera. E più o meno siamo rimasti sui 20’000 lavoratori. È nel terziario che il frontalierato è esploso”.
Ma perché creare Tisin? “C’è una competizione a livello politico che è fatta anche da organizzazioni. Il PLR ha una nomenclatura e una forza che gli deriva dalla vicinanza con i gangli del potere economico. Il PS ha dietro UNIA, che ha un patrimonio di un miliardo. Il PPD ha dietro l’OCST, che ha un fatturato di oltre 10 milioni probabilmente. Mentre la Lega ha sempre avuto una struttura molto debole. Da questo punto di vista avere un sindacato è un modo per essere presenti anche in questo campo. Se lo fanno gli altri non vedo perché non dobbiamo farlo anche noi. In Gran Consiglio abbiamo una decina di deputati sindacalisti pagati al 100% per fare politica. E lo si vede anche nella raccolta delle firme. Il PS senza UNIA farebbe fatica a raccogliere le firme per le loro iniziative popolare. Cosa legittima, che però vorrei avere anche per la Lega”.
Il ministro Christian Vitta ha incontrato il padronato e la settimana prossima vedrà i sindacati. “Credo che nel corso del prossimo mese ci sarà un incontro anche con Tisin”, ha detto Bignasca.
E alla domanda se altre aziende si sono interessate a Tisin dopo il CCL firmato con le tre aziende momò, il capogruppo della Lega ha risposto senza giri di parole: “Sì, assolutamente”.
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