La vicenda delle tre aziende del Mendrisiotto che si stanno muovendo per far firmare un CCL in modo da non doversi adeguare ai salari minimi ha riscaldato anche il clima politico
BELLINZONA - Il caso delle tre aziende del Mendrisiotto che stanno facendo sottoscrivere ai propri dipendenti dei CCL, con lo scopo di non dover poi applicare i salari minimi, ha acuito anche lo scontro politico. Infatti il sindacato TiSin sostiene l'azione delle tre aziende: l'MPS si è già scagliato contro lo stesso, e soprattutto ai suoi membri leghisti, fa lo stesso Giangiorgio Gargantini di UNIA.
"Finalmente la Lega fa coming out", titola polemicamente un post su Facebook. "Il “sindacato” della Lega dei ticinesi esce allo scoperto e offre la sua collaborazione ai padroni che vogliono continuare a sfruttare la forza lavoro in condizioni che la nostra costituzione cantonale considera indegne, perché al di sotto di quanto definito per “assicurare un tenore di vita dignitoso” (cf. Legge sul salario minimo, Art. 1)".
"Le organizzazioni per il lavoro che riuniscono al loro interno lavoratori e datori di lavoro non sono una novità, Mussolini creò i “sindacati misti” nel 1934 tanto per dirne una. Quello che invece dovrebbe far riflettere, ed in particolare l’elettorato leghista, è che oggi “TiSin” ha creato un quadro legale ad hoc per poter continuare a sfruttare coloro che fingono di voler allontanare dal mercato del lavoro ticinese. E prendendosi per altro gioco in modo evidente della volontà popolare, alla faccia del “partito della gente”, scrive. "“Padron comanda, cavallo trotta”. E il partito getta la maschera".