Il Movimento per il Socialismo punta il dito sul comunicato della RSI, "da dove traspare l'evidente volontà di chiudere definitivamente la faccenda. E chi si dice del gronte progressisista..."
BELLINZONA - L'MPS non ci sta: non ha gradito la conclusione dell'inchiesta sulle molestie alla RSI. "Il copione si ripete tristemente, di fronte alle denunce e alle sofferenze delle donne si risponde con un tutto va bene, non ci sono problemi, si tratta di casi isolati…", si legge nel comunicato, dove si dice che prevalgono "l’amarezza e la rabbia, ma anche la consapevolezza che la battaglia deve continuare e che non bisogna lasciarsi abbattere da questa prima battuta d’arresto. Il coraggio di queste donne deve servire per continuare".
"Una conclusione che lascia indignati e interdetti. Ancora una volta le donne non vengono
credute, vengono dipinte come persone fragili che hanno avuto solo bisogno di un aiuto, di essere ascoltate, come a dire che la loro narrazione non era poi così vera e credibile", scrive il Movimento per il Socialismo. Ma "nessuno ovviamente dice, nemmeno il Sindacato e l’Associazione dei giornalisti, che denunciare una molestia o un caso di mobbing all’interno di un’azienda significa molto spesso rischiare di perdere il posto di lavoro, di essere demansionate e di subire un’ulteriore violenza e umiliazione. Non è un caso che una buona parte delle persone che hanno denunciato non abbia voluto procedere oltre con l’inchiesta proprio perché nessuno poteva garantire loro l’anonimato e quindi nessuno poteva proteggerle dalle conseguenze della loro scelta".
L'MPS ce l'ha col comunicato diffuso dalla RSI, da dove ravvisa "l’evidente volontà di chiudere definitivamente la vicenda, nei fatti di evitare che altre persone possano dichiarare o denunciare".
Non è però sorpreso. "La cultura sessista e patriarcale si basa anche sull’omertà e la complicità con chi agisce in questo modo e nel caso della RSI si installa su modalità di gestione aziendali basate sul clientelismo, la sottomissione ai capi e a un sistema di carriere che premia chi non si oppone alla linea dominante. La nuova direzione della RSI non è certo al riparo da questo tipo di conduzione, in un solo anno è riuscita a assumere responsabili e direttori senza nessun tipo di concorso (rivendicando anche questo modo di agire), a modificare il palinsesto infarcendolo di programmi nazional-popolari (a cui fa da sfondo una cultura sessista e omofoba), riducendo al minimo l’informazione e la cultura e, infine, a cancellare con un colpo di spugna chi aveva finalmente osato denunciare quanto accade alla RSI in termini di molestie e abusi sul lavoro. Davvero di che essere fieri di questo nuovo corso…", è l'attacco al corso di Timbal.
"Ora tutti si compiacciono che tutto va bene, che finalmente chi aveva osato mettere in dubbio la direzione e il clima aziendale deve tornarsene a tacere e subire. In realtà tutti sanno che le cose non stanno proprio così; del resto recentemente anche l’ex dipendente e ora Gran consigliera Maristella Polli aveva candidamente dichiarato in Parlamento che “in RSI c’è sempre stato mobbing e molestie…”. Questa decisione è un tutt’uno con la nuova gestione aziendale del duo Timbal-Pelli (e associati…) nella quale non si guarda tanto per il sottile: quel che conta è aumentare l’audience spendendo di meno, e poco importa la qualità del prodotto e del mandato pubblico. Tutto da dimenticare, di fronte a questi “falsi giovani” rampanti, totalmente disposti a perpetuare la RSI come strumento al servizio del potere e dei suoi disegni. Per realizzare questo progetto sono necessarie l’uniformità di pensiero e di azione, non c’è spazio
per il dissenso, né per l’incertezza. Non vi sono dubbi che questa decisione scoraggerà, in tutti gli ambiti, coloro che in qualche modo pensavano e pensano di porsi criticamente di fronte alle scelte dell’azienda. Ha quindi una portata negativa che va al di là del tema delle molestie", prosegue la pesante critica, con la sorpresa che "tutto questo avvenga, di fatto, con il benestare di persone che (per posizione dirigenziale, per presenza negli organismi di rappresentanza dell’azienda, etc.) sono schierate, almeno sulla carta, in quello che viene definito il “fronte progressista”. Il loro silenzio in questo momento è assordante, la loro presenza in questi organismi, giustificata con la difesa dei diritti (dei lavoratori e delle lavoratrici dell’azienda, della cultura, del pubblico, etc.), mostra tutta la pochezza e la sua riduzione a occupazione di poltrone di pseudo-potere. Meglio farebbero a lasciare questi posti!".