POLITICA E POTERE
La Svizzera, le nuove restrizioni del Consiglio Federale e la terza dose
Il nostro Paese è fanalino di coda nella somministrazione del "booster". Eppure è l'arma migliore che abbiamo: va incentivata

di Andrea Leoni

Nel commento alle proposte messe in consultazione dal Consiglio Federale venerdì scorso, avevamo lasciato in sospeso una domanda angosciante: siamo ancora in tempo per un’introduzione generalizzata del 2G, oppure, come avvenuto in Austria, i buoi sono già scappati dalla stalla e non abbiamo alternative a un lockdown? Sabato sul Corriere del Ticino il dottor Mattia Lepori, vice capo area medica dell’EOC, ha dato la risposta peggiore: no, non siamo più in tempo, non ci resta che la via austriaca. Per poterci permettere il 2G, come in Italia e in Germania, “avremmo dovuto essere molto più rigidi quando il numero di contagi era basso”, ha spiegato il medico. Dovevamo svegliarci prima, insomma.

Ma cosa è accaduto in Austria? Il Governo aveva in prima battuta scelto la via di escludere dalla vita sociale i non vaccinati. Per loro solo la possibilità di recarsi al lavoro, a fare la spesa o a passeggiare nei pressi della propria abitazione. Una stretta durata tre giorni, perché la circolazione del virus era ormai del tutto fuori controllo e la pressione sul sistema ospedaliero insostenibile. Da qui la decisione di Vienna d’imporre a tutta la popolazione un lockdown generalizzato di tre settimane, sovrapponibile nelle restrizioni a quello della seconda ondata. Ma la strategia austriaca non si è certo limitata a questo provvedimento. Ora che il confinamento, duro e per tutti, è terminato, il Governo ha infatti introdotto il 2G: solo chi è vaccinato o guarito può riprendere la vita sociale, gli altri restano confinati. Non solo: da febbraio, primo Paese in Europa, è stato annunciato l’obbligo vaccinale. Vedremo come sarà applicato. Ieri 44’000 persone hanno protesto per le vie della capitale.

Quando si parla di Austria, insomma, bisogna andarci con i piedi di piombo. Il lockdown lampo è solo un pezzo della strategia, un freno d’emergenza, non l’elemento risolutivo. Pronti a prendere l’intero pacchetto? La Germania, per dire, pare essere riuscita a salvarsi in corner con la sola introduzione generalizzata della regola del 2G.

Noi ci auguriamo che le affermazioni del dottor Lepori siano state dettate da un eccesso di pessimismo, oltre che da una condivisibile frustrazione per il passo lento, troppo lento, tenuto ancora una volta dal Consiglio Federale. Vero è che le notizie da oltre Gottardo sembrano confermare la diagnosi del medico. Continui annunci di saturazione negli ospedali, Cantoni romandi che applicano lo Stato di crisi, lo sdoganamento del “triage”, almeno a parole. La situazione in Svizzera è certamente grave, probabilmente la peggiore del centro Europa, ma quanto sia irrimediabile, senza lockdown, è difficile stabilirlo.

A noi pare che nelle due varianti proposte dal Consiglio Federale ai Cantoni - 2G duro generalizzato o semi lockdown - manchi un elemento essenziale: il “booster”. È ormai opinione condivisa nel mondo scientifico che la somministrazione generalizzata della terza dose sia fondamentale per il contenimento di quest’ennesima ondata pandemica. Addirittura essenziale per affrontare l’arrivo di Omicron. Ieri Boris Johnsonn, il cui Governo ha imposto fino ad ora le misure più lievi alla popolazione, ha parlato al Paese in questi termini: "Dobbiamo affrontare una nuova emergenza. La nostra esperienza ci fa capire che sta arrivando un'ondata di marea con Omicron, non c'è dubbio. Fate adesso la terza dose di vaccino, fatelo per voi, per gli amici, per i familiari, per proteggere le nostre libertà, il nostro modo di vivere, il nostro lavoro, il nostro sistema sanitario”. Per questo motivo entro la fine dell’anno il Governo britannico offrirà il richiamo a tutti gli over 18, dopo appena tre mesi dalla seconda dose. Va considerato che oltre il 30% degli inglesi l’ha già ricevuto.

Israele, che ha somministrato il “booster” a quasi metà della popolazione (44%), con evidenti benefici sulla curva pandemica, ha presentato un paio di giorni fa uno studio effettuato su due gruppi di sanitari dello Sheba Medical Center di Tel Aviv. Il risultato è questo: due dosi di vaccino Pfizer, dopo 5 o 6 mesi, non danno "alcuna protezione" contro la variante Omicron, mentre la terza inizione offre una protezione "significativa" contro la malattia grave, anche se "4 volte meno" di quella offerta nei confronti della Delta.

La Svizzera, partita con colpevole ritardo con il piano “terza dose per tutti", è  fanalino di coda nel centro Europa: ferma ad appena l’11,5%. In Germania siamo al 22%, in Francia al 18%, in Italia al 19%, in Austria addirittura al 31%.

Con questi chiari di luna e questi numeri deludenti, è perlomeno curioso che il Consiglio Federale non integri nella propria strategia, un forte incoraggiamento alla terza dose. Incoraggiamento che, evidentemente, sarebbe castrato da un 2G plus - vaccinati, guariti, mascherati, con l’aggiunta del tampone negativo, se nei locali chiusi non vi è possibilità di star seduti o di mettere la protezione su naso e bocca  - troppo esteso e troppo rigido. Oltre che per protezione personale, perché uno dovrebbe vaccinarsi, perfino con il booster, se poi gli tocca farsi un tampone per andare al bar? Se vaccinarsi è un impegno sociale, oltre che individuale, servono incentivi e tanto equilibrio.

A fronte di tutto quanto esposto, per pura logica, sembrerebbe più corretto una riduzione della durata del certificato Covid da 12 a 9 mesi (come deciso dall’UE), con una simultanea introduzione generalizzata del 2G, ma con una formula meno severa di quella prospettata da Berna.

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