Il ministro lo ha detto ieri sera a Matrioska. Il PS propone di puntare su un interimato per evitare il voto. Ma la soluzione è fragile
BELLINZONA - Si dovrebbero fare, ma si faranno davvero? Perché non sempre, in politica, si fanno le cose che si dovrebbero fare. Parliamo delle elezioni suppletive, le consultazioni che la legge elettorale ticinese prevede in caso di “vacanza” di un consigliere agli Stati superiore ai 60 giorni.
Sappiamo che, con una probabilità che sfiora la certezza, il 2 aprile Marina Carobbio verrà eletta in Consiglio di Stato al posto di Manuele Bertoli. Ma il suo mandato al Senato scadrà soltanto in ottobre, quando ci saranno le elezioni federali. Ora, da aprile a ottobre ballano sei mesi. Ergo, la legge dice che bisogna andare a votare per eleggere un senatore ad interim. Perché, a differenza del Consiglio Nazionale, agli Stati non esistono subentranti che possano sostituire i deputati dimissionari. Una differenza legata al sistema elettorale: proporzionale per il Nazionale, maggioritario per gli Stati.
Il consigliere di Stato Manuele Bertoli, che ad aprile sarà libero da impegni politici, è disposto ad assumere questo ruolo. “Mi metto a disposizione – ha detto ieri sera a Matrioska, in coda al faccia a faccia con Amalia Mirante (GUARDA LA PUNTATA) -. Ma non sono assolutamente indispensabile, e poi bisogna che gli altri partiti siano d’accordo. Se lo sono o non lo sono lo vedremo”.
Si tratterebbe di un’elezione tacita, e ad interim, appunto, con la garanzia, da parte di Bertoli, che non sarà tra i candidati che in ottobre si confronteranno per il Senato.
Una soluzione che, ha precisato il copresidente socialista Fabrizio Sirica durante una riunione delle forze politiche convocata dal suo stesso partito, presuppone “un accordo politico e un consenso unanime o un ampio consenso dei partiti rappresentati a Berna su una persona, che comunque non si ricandidi alle elezioni federali ordinarie dell’ottobre 2023”.
Di come sciogliere il nodo delle elezioni suppletive i partiti discutono da mesi, sotto traccia e con scarso entusiasmo, ma una soluzione non è ancora stata trovata.
Il problema principale sta nei tempi tecnici: bisognerebbe organizzare l’elezione dopo le Cantonali, votare tra maggio e giugno per il primo turno e in settembre per il secondo (perché un singolare quanto arcaico articolo di legge vieta di andare alle urne in Ticino in luglio e agosto). E poi tornare al voto in ottobre. Insomma, un bel pasticcio.
La soluzione più semplice e più logica sarebbero le dimissioni anticipate di Marina Carobbio dagli Stati, in modo da poter organizzare il voto suppletivo già nei primissimi mesi del 2023. Ma ieri Sirica ha detto che la senatrice non intende lasciare Berna prima di aprile.
L’Udc, per bocca del presidente Piero Marchesi, ha ribadito che non accetterà scenari o soluzioni che impediscano al popolo di votare. “Ci opporremo a qualsiasi accordo che eviti il ricorso alle urne. È la legge che di principio dice che bisogna andare a votare: ci aspettiamo dunque che la legge venga rispettata”.
Insomma, l’ipotesi lanciata dal PS di un’elezione tacita, che permetterebbe di rispettare la legge senza ricorrere alle urne, sembra molto, troppo, fragile. Basterebbe che un qualsiasi politico si candidasse per far scattare l’obbligo del voto. E se i candidati fossero più di uno sarebbe necessario anche il ballottaggio, perché è difficile immaginare una maggioranza assoluta al primo turno.
Un rischio paventato ieri dal consigliere nazionale Alex Farinelli, intervistato dalla Regione: “Basterebbe che chiunque raccolga cinquanta firme e si candidi per far saltare l’accordo. E poi non si può togliere alla popolazione il diritto di scegliere i suoi rappresentanti. Quel seggio non appartiene al Partito socialista, bensì a Marina Carobbio, che non ha un subentrante”.
Altre ipotesi ventilate ieri: elezioni suppletive ma limitate al primo turno, dunque senza ballottaggio, anche in presenza di più di due candidati; modifica della legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici affinché si possa votare anche nei mesi estivi, o per prolungare oltre i 60 giorni la “vacanza” del seggio agli Stati, fino alle elezioni ordinarie di ottobre, evitando così il ricorso alle urne. Ipotesi, anche queste, che presuppongono però un accordo politico.
Come dicevamo, l’idea di un voto suppletivo anticipato (che sia prima o dopo aprile, a dipendenza delle scelte di Marina Carobbio) non suscita grandi entusiasmi. Anche perché il rischio è quello di bruciare i candidati che si confronteranno in ottobre per le elezioni ordinarie. Però la legge è legge… Per tentare di uscire dal pantano i partiti hanno deciso di scrivere al Consiglio di Stato chiedendogli di chiarire le questioni tecnico giuridiche e di esprimersi sulla questione.
Le prossime due settimane serviranno ai partiti per riflettere e discutere. Appuntamento il 20 dicembre per un nuovo incontro. Babbo Natale porterà consiglio?