POLITICA E POTERE
Cassa pensioni, ecco le misure compensatorie da 14 milioni. E l'MPS annuncia battaglia
“Grazie a questi interventi per chi ha una carriera lavorativa completa davanti a sé sarà salvaguardato l’attuale livello di rendita che è paragonabile a quello offerto da altre casse pubbliche”
TiPress/Francesca Agosta

BELLINZONA - Il Consiglio di Stato ha approvato il messaggio che prevede delle misure di compensazione in relazione alla riduzione dei tassi di conversione che sarà effettuata dall’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (IPCT). Queste misure prevedono un aumento del capitale di vecchiaia che sarà finanziato dal datore di lavoro e dai dipendenti. Inoltre, l’IPCT adotterà, in maniera autonoma, ulteriori misure di compensazione di propria competenza.

“Grazie a questi interventi – si legge nella nota governativa - per chi ha una carriera lavorativa completa davanti a sé sarà salvaguardato l’attuale livello di rendita che è paragonabile a quello offerto da altre casse pubbliche. Per gli altri affiliati la riduzione della rendita sarà contenuta ad un massimo del 2%”.

Dal 2024, ricorda il Consiglio di Stato, “l’IPCT) ridurrà progressivamente i tassi di conversione utilizzati per il calcolo delle pensioni erogate (dal 6.17% al 5.25% a 65 anni entro il 2031). Così come avvenuto presso la stragrande maggioranza degli istituti di previdenza di Enti di diritto pubblico in Svizzera, il Consiglio di Stato, quale datore di lavoro, intende mitigare l’effetto di tale riduzione sulle future pensioni delle persone assicurate all’IPCT, aumentando i contributi di risparmio a carico sia dei dipendenti che dei datori di lavoro. L’aumento complessivo proposto è del 3% ed entrerà in vigore dal 1° gennaio 2025. 

Questa misura, che necessita di una modifica della Legge sull’IPCT, consente alle persone assicurate all’IPCT di accumulare un maggior capitale di vecchiaia al momento del pensionamento. Ciò permette di compensare, almeno in parte, il minor tasso di conversione che sarà applicato al momento del pensionamento. 

Con l’aumento dei contributi proposto viene raggiunto l’intento di mantenere invariato l’obiettivo di rendita. Ossia, per le persone che hanno una carriera completa davanti a sé (40/45 anni di contributi), sarà possibile salvaguardare l’attuale livello di rendita. Il Consiglio di Stato ricorda che, in un confronto intercantonale, le attuali prestazioni offerte dall’IPCT risultano essere appena nella media e, con la soluzione proposta, si va a mantenere un livello analogo alle altre casse pensioni paragonabili. Senza tale intervento le prestazioni offerte dall’IPCT diventerebbero nettamente le peggiori, avvicinandosi a quelle minime LPP, con una riduzione che raggiungerebbe anche il 15%”.  

La soluzione proposta, prosegue la nota, “è frutto delle trattative svolte nella primavera del corrente anno tra una delegazione del Consiglio di Stato e le Organizzazioni del personale riconosciute, accompagnati dalla consulenza tecnica degli organi dell’IPCT. Se da una parte l’aumento dei contributi di risparmio del 3% sarà preso maggiormente a carico dai dipendenti, dall’altra i datori di lavoro si assumeranno l’1% di contributo di risanamento attualmente a carico degli assicurati. 

All’IPCT sono assicurati i dipendenti del Cantone Ticino, i docenti comunali, così come i dipendenti di oltre un centinaio di enti pubblici/parapubblici o di pubblica utilità (ad esempio alcuni Comuni, IAS, SUPSI, varie associazioni cure a domicilio, Fondazioni, Case anziani, ecc.). Per il Cantone Ticino il costo supplementare annuo sarà pari a 14.6 milioni (secondo gli ultimi dati disponibili al 31.12.2022), ed è già considerato nelle proiezioni finanziarie in fase di aggiornamento.

Oltre al datore di lavoro e ai dipendenti, anche l’IPCT interverrà nell’ambito delle misure di compensazione. In effetti il Consiglio di amministrazione ha deciso di adottare delle misure di propria competenza finalizzate principalmente a garantire una riduzione della rendita contenuta, quantificata in un massimo del 2%, anche alle persone attive assicurate meno giovani, che altrimenti subirebbero le perdite maggiori non disponendo più di un lungo periodo contributivo futuro. Maggiori dettagli su questo aspetto saranno forniti direttamente dall’Istituto che è competente in materia”.

La reazione dell’MPS

Ma già si registra la posizione critica del Movimento per il socialismo. “L’MPS – si legge in un comunicato - ritiene innanzitutto di dover sottolineare come le proposte contenute nel messaggio e quelle che il CdA di IPCT vorrebbe attuare (anche se queste non sono ancora note nel dettaglio) siano state prese grazie alla pressione dei salariati e delle salariate assicurate presso l’IPCT, in particolare sotto la guida dell’associazione che hanno creato a difesa delle pensioni (La Rete a difesa delle pensioni – ErreDiPi); una pressione costante, con mobilitazioni e misure di sciopero che hanno coinvolto migliaia di assicurati e assicurate.

È indubbio che questa mobilitazione dovrà continuare ed intensificarsi in autunno se si vorranno apportare i necessari correttivi migliorativi alle attuali proposte.

Complessivamente, l’MPS  considera che le  misure presentate nel messaggio del Consiglio di Stato e quelle annunciate dal CdA di IPCT non siano convincenti e, soprattutto, non affrontino alcuni problemi principali.

In primo luogo non si affronta uno degli errori principali della riforma del 2012 e meglio il versamento, in quell’occasione, di un contributo di risanamento di gran lunga inferiore al dovuto. Ricordiamo che nel 2012 fu deciso il versamento di un importo di 454 milioni (con un versamento a rate dal 2013 al 2051) quando, per ammissione stessa dell’IPCT, l’importo da versare avrebbe dovuto essere di almeno 1'454 milioni. La differenza era da ricondurre gli errori di valutazione sulle prospettive inflazionistiche e dunque del tasso tecnico. Per il momento gli unici che sono dovuti passare alla cassa per sanare la situazione sono stati gli assicurati, attivi e pensionati, a cui il Consiglio d’Amministrazione, composto dai partiti di governo e dalle cosiddette “organizzazioni sindacali riconosciute” (VPOD, OCST, CCS) ha scippato 500 milioni di interessi sugli averi di vecchiaia ed un taglio delle rendite vedovili in aspettativa dal 25% rispettivamente 10%.

Anche per questa ragione diventa difficile, oggi, essere attratti dalla nuova impostazione che il CdS vuole dare con il suo messaggio, in particolare affidando ancor maggiori competenze e spazio di manovra al CdA ed al CdS per quanto riguarda l’ammontare di prestazioni e contributi. In questo modo, di fatto si limita la possibilità di controllo, almeno per il momento, degli assicurati.

Dubbi analoghi possono essere espressi sul fatto che nel suo messaggio il CdS nulla dice sull’ammontare futuro degli interessi che verranno concessi sugli averi di vecchiaia. Una leva, quella degli interessi, altrettanto importante quanto l’aumento dei contributi.

Per quanto riguarda l’aumento dei contributi è un dato di fatto che non solo si chiede al personale un aumento dell’onere ma addirittura la ripartizione del premio tra dipendente e datore di lavoro peggiora passando dall’attuale 47.5% al 49% a carico del dipendente.

Su questo punto deve poi essere fatta una considerazione di fondo. Il fatto che l’aumento dei contributi potrebbe permettere, se alcune ipotesi si confermassero, di mantenere gli attuali livelli pensionistici sull’arco di un’intera carriera (40/45 anni già di per sé assai improbabile, per molte ragioni), significa solamente che il personale rinuncia a una parte del proprio salario per finanziare la propria futura pensione. Se proiettata sull’intera carriera lavorativa si tratta di una perdita importante. In altre parole, sono i dipendenti, attraverso un taglio salariale, a impedire, forse, che un domani la loro rendita possa mantenere gli attuali livelli. Livelli che, non dimentichiamolo, sono già diminuiti mediamente del 20% con la riforma del 2012.

Va poi aggiunto che questo messaggio non affronta la cosiddetta questione del risanamento dell’IPCT: un’operazione sulla quale si glissa bellamente, dopo averne dichiarato l’urgenza; e, soprattutto, dopo avere inanellato soluzioni abortite (il messaggio sui 500 milioni presentato dal CdS e poi ritirato) e soluzioni fallimentari: il messaggio (sostitutivo di quello precedente) sul prestito di 750 milioni poi approvato da tutti i gruppi in Gran Consiglio (con l’attiva opposizione dell’MPS), non più pervenuto nella sua fase di attuazione (come avevamo facilmente previsto).

Da ultimo non possiamo esimerci dal ribadire il cinismo con cui si conferma che il  capitale che verrà utilizzato per compensare parte di tagli per le persone con più di 50 anni è in gran parte stato accumulato con la decisione di decurtare le rendite vedovili in aspettativa; in altre parole si vuole ridare alle stesse persone ciò che pochi mesi fa si è deciso di togliere”.

 

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