Scherrer ha interpretato il suo ruolo di sindaco salendo sul palco, cappellino calato sulla fronte e microfono in mano, da vero front man. Consapevole di quanto siano importanti quelli che suonano con lui
di Marco Bazzi
Quando nel suo discorso del 1° gennaio 2015 Carla Speziali annunciò che non si sarebbe ricandidata alle elezioni comunali dell’anno successivo nessuno si aspettava che, sbalordendo tutti, avrebbe lasciato il Municipio di Locarno e la carica di sindaco già in estate. Così, nel luglio di quell’anno Alain Scherrer si ritrovò alla guida del Comune. Con i relativi onori ed oneri.
Oneri soprattutto, perché si era ancora, in quel momento, nel pieno delle tensioni politiche legate al cosiddetto caso “Appaltopoli”. Un caso politico e giudiziario al tempo stesso, chiuso su quest’ultimo fronte nel novembre del 2013 con il decreto d’abbandono dell’allora procuratore generale John Noseda. Nessun reato penale, sentenziò il PG, rilevando però impietosamente gravi carenze amministrative in tema di assegnazione di commesse pubbliche.
E le segnalazioni di Noseda sfociarono nel gennaio del 2016 in un severo “cartellino giallo” da parte del Governo al Municipio di Locarno, ai membri già in carica nella precedente legislatura. Speziali a parte, perché se n’era andata.
Alain prese dunque il timone della Città in un momento di forti turbolenze e, facendo buon viso a cattiva sorte, si portò anche via responsabilità che non erano sue. L’anima critica dell’Esecutivo era rappresentata allora da Giuseppe Cotti, che per primo aveva denunciato il malandazzo degli appalti dopo essere entrato in Municipio nel 2012, e dal liberale radicale Davide Giovannacci che l’aveva seguito e sostenuto.
Entrambi, come Sherrer, lasceranno il Municipio il prossimo aprile. E con la loro partenza si chiude un’epoca per la Città di Locarno. Un’epoca, iniziata proprio con le turbolenze di Appaltopoli, che senza piaggeria definirei radiosa, improntata al buon governo e alla trasparenza, all’impegno per il bene comune della cittadinanza. Una sorta di rinascimento, per una città che troppo spesso, in passato, era stata frenata da personalismi e da politichette di bottega.
Qualcuno si chiederà, forse, perché rievoco oggi quei fatti lontani per parlare della rinuncia di Alain a ricandidarsi. La risposta è semplice: perché è proprio in quel periodo caratterizzato da forti tensioni che si è formata la figura del “sindaco di tutti” che per 8 anni, dal luglio del 2015 ad oggi, ha governato Locarno.
Fino ad allora, Scherrer era stata una presenza politica di secondo piano e c’era chi non avrebbe scommesso un franco sulle sue capacità di condurre la Città. Invece…
Invece Alain ha preso il timone e ha cambiato rotta, ha saputo creare un ambiente di collaborazione e di consenso, stemperando le frizioni e archiviando il passato, tanto che quelli che in un articolo definii “i quattro moschettieri” – Scherrer, Cotti, Giovannacci e il vicesindaco Paolo Caroni – hanno dato vita in questi anni a un esempio concreto di come il PLR e l’allora PPD possano, se c’è volontà, condivisione ed empatia tra i protagonisti, dar vita a una vera politica di centro.
Empatia e condivisione sono diventate col tempo, anche amicizia, un’amicizia che ha legato e lega tutt’ora profondamente i “moschettieri”. Il primo ad andarsene è stato Caroni, dopo la sua elezione in Gran Consiglio. Tra pochi mesi anche gli altri tre chiuderanno un capitolo importante della loro vita pubblica.
Non si può parlare di Scherrer senza pensare a Vasco Rossi. Diciamo che ha interpretato il suo ruolo di sindaco salendo sul palco, cappellino calato sulla fronte e microfono in mano, da vero front man. Come fa durante i concerti con la sua Vasco Jam. Consapevole di quanto siano importanti e preziosi quelli che suonano con lui. Ognuno con il suo ruolo, ognuno con il suo strumento.
Per capire l’anima di Alain, l’anima che ha guidato la sua azione politica, ho scelto, tra le molte, una frase di un suo discorso di Capodanno. Primo gennaio 2016: “Non di sole pietre, strade e palazzi è fatta una città, ma anche e soprattutto di relazioni tra persone, di tutela delle forme preziose di esperienza, di aspettative condivise di futuro. Ci sono donne e uomini in carne e ossa, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono e che molte volte si vedono obbligati a dover rinunciare a certi loro diritti perché non riescono a sbarcare il lunario, perché la malattia li blocca e li isola, perché una penosa situazione famigliare li annienta e avvilisce. Affinché questi uomini e donne possano sottrarsi alle difficili condizioni in cui si trovano, bisogna consentire loro di essere degni attori del loro stesso destino”.
E lui, forse, questa sera, dopo l’annuncio di oggi, canterà dentro di sé quelle parole di Vasco: “E adesso che sono arrivato fin qui grazie ai miei sogni, che cosa me ne faccio della realtà?”.
È normale, è umano un po’ di smarrimento quando ci si chiude dietro una porta che per anni si è varcata quotidianamente.
Ma sappiamo tutti che, qualunque cosa accada, qualunque siano le nostre scelte, “domani arriverà lo stesso”. Quindi, caro Alain… “senti che bel vento. Non basta mai il tempo. Domani è un altro giorno, arriverà”.