Non resta che aspettare pochi mesi per capire se Beltraminelli saprà spaccare ancora una volta il muro che lo separa dal successo o se a spaccarsi questa volta sarà la sua testa dura
di Andrea Leoni
Se non è un avviso di sfratto, è qualcosa che gli assomiglia molto. Un segnale di sfiducia, l’insufficienza in pagella. Il Comitato cantonale PPD, vale a dire il parlamento del partito - molto rappresentativo considerato che ieri a Castione hanno votato in 255 - ha espresso un giudizio chiaro su Paolo Beltraminelli e sulla sua ricandidatura.
Per cogliere la portata del segnale occorre tenere presente che, soprattutto nella ritualità tradizionale di un partito storico, il Consigliere di Stato che si ripresenta viene di regola portato in palmo di mano dai suoi. A maggior ragione se i compagni di lista, non portano in dote un bagaglio di successi elettorali, cioè di voti. A stupire non è solo il quarto posto del direttore del DSS, ma il fatto che si sia piazzato a un solo voto dal quinto candidato. Insomma sostanzialmente è arrivato ultimo, alla pari, sui cinque posti disponibili.
Paolo Beltraminelli ha commentato il risultato dicendo che se l’aspettava, che è consapevole del fatto che per lui la strada per la rielezione è in salita, che i ventun mesi di Argo 1 hanno avuto il loro peso. C’è del vero, ma sullo scandalo che ha segnato il suo operato nell’ultima legislatura vi è da aggiungere che la notizia della chiusura dell’inchiesta penale, arrivata come una manna il giorno prima del Comitato, non pare avergli portato alcun beneficio. Non c’è stato il rimbalzo positivo che ci si poteva attendere, almeno tra le mura di casa.
Argo 1 è senza dubbio la Macchia sulla carriera politica di Beltraminelli. Una macchia talmente grande da coprire altri elementi a suo sfavore nella corsa verso la riconferma. L’assenza di feeling con l’attuale presidenza, dunque con il gruppo dirigente che esprime i principali organi decisionali del partito. E poi i comportamenti, gli eccessi social ad esempio, che la parte conservatrice del PPD non ha mai digerito.
A queste considerazioni ne vanno aggiunge almeno un paio. La prima è che Beltraminelli non è mai stato particolarmente amato, e accettato, come Consigliere di Stato all’interno del suo partito. Quando fu eletto 8 anni fa lo fece grazie ai voti esterni. Gli elettori pipidini, infatti, avevano scelto a larga maggioranza un altro Consigliere di Stato: Giovanni Jelmini. E neppure quattro anni fa, nonostante una legislatura sulle spalle, riuscì a brillare, arrivando ultimo tra gli eletti.
Ma questi dati di fatto negativi potrebbero proprio essere la prova che dimostra come, nonostante tutte le avvisaglie di sventura, il BeltraTris sia ancora possibile. Il miglior pregio e il peggior difetto del ministro uscente sono la stessa cosa: la testardaggine. Quando si mette in testa un obbiettivo, il direttore del DSS lo insegue con una costanza e una determinazione da elefante. E nulla lo distrae o lo scalfisce.
È una qualità enorme, non da tutti, sicuramente ammirevole. È la differenza che riesce a colmare la distanza naturale tra un uomo dalle qualità comuni e un talento. È il cemento con il quale si costruisce un’impresa, ribaltando un pronostico. Ma è anche un cappio quando la cocciutaggine si trasforma in ostinazione, in una forma di orgoglio umano ma eccessivo, in quel genere di ossessioni che sono sempre l’anticamera dell’irragionevolezza. E allora il suicidio politico è servito.
Non resta che aspettare pochi mesi per capire se Beltraminelli saprà spaccare ancora una volta il muro di diffidenza che lo separa dal successo o se a spaccarsi questa volta sarà la sua testa dura.