La retorica degli elettori-tifosi, disposti a sostenere acriticamente il Movimento, si è scontrata con la realtà. Ora si apre una fase delicatissima per correggere la rotta
di Andrea Leoni
La Lega ha perso le elezioni. Non accadeva dal 2007: 12 anni fa. Da quella lontana tornata elettorale, quando Giuliano Bignasca chiese aiuto ai ticinesi affinché il suo Movimento non fosse escluso dall’Esecutivo, in via Monte Boglia si era assaporato solo il gusto della vittoria, del trionfo talvolta. Successi alle cantonali, alle federali e una costante crescita anche a livello comunale, culminata con la conquista di Lugano e l’ingresso in diversi Municipi. Il tutto nonostante la morte del Nano che molti pronosticavano come l’inizio della fine della Lega. Una topica clamorosa poiché il Movimento ha ottenuto i maggiori risultati proprio dopo la scomparsa del Fondatore.
Ieri, invece, la Lega ha perso. La sconfitta è stata netta sia in termini percentuali che, soprattutto, a livello di seggi: il Movimento ha lasciato sul campo un quinto del suo gruppo parlamentare. Un tonfo tanto fragoroso, quanto inatteso. Le ambizioni, benché non sbandierate, erano altre: conquistare la maggioranza relativa anche in Gran Consiglio a scapito del PLR.
Aver conservato con il fiatone (leggasi UDC) i due seggi in Consiglio di Stato, era certamente il principale obbiettivo, ed è stato raggiunto. Ma difficilmente la sofferenza di una forza politica si esplicita con la perdita di un ministro. Di solito le prime spie di difficoltà si accendono dal basso e segnalano l’erosione della propria forza parlamentare. In ogni caso vi è un legame, che andrà esplorato, tra il risultato negativo di Claudio Zali - una sorta di vendetta dei soldatini - e quello del Movimento.
Una parte della classe dirigente leghista, così come una parte dell’elettorato, non ha familiarità con la sconfitta. In molti il gusto amaro di queste ore, non l’hanno mai masticato. Come ogni partito o Movimento confrontato con una battuta d’arresto, il futuro prossimo della Lega passerà dall’attitudine con la quale affronterà questa crisi.
La tornata elettorale ha raccontato ai leghisti, e a tutti gli altri, un’ovvietà universale: in democrazia non esistono partiti invincibili. Un’ovvietà che, tuttavia, era un po’ sfuggita dalle chiavi di lettura con cui si analizza la politica cantonale. La retorica degli elettori-tifosi, disposti a sostenere acriticamente il Movimento, si è scontrata con la realtà. I fans, questa volta, sono rimasti a casa o hanno guardato altrove. La Lega è battibile, come tutti gli altri. E in troppi non lo pensavano, né in via Monte Boglia né altrove: una sottovalutazione che ha prodotto errori.
Dalla presa di coscienza dell’ovvietà di cui si è detto, dovrà partire l’analisi critica per attuare le correzioni dalle quali ripartire. E da questo passaggio delicatissimo si capirà se Lega conserva ancora cromosomi particolari in grado di riaccendere quello stato d’animo, che è la sua autentica ragione sociale. O seppure si incanalerà nelle soluzioni appiattite che tanto hanno nuociuto ai partiti storici. Insomma, da qui a qualche tempo capiremo se saprà essere diversa o come tutti gli altri (rimprovero crescente degli ultimi anni).
Qualcuno ha già abbozzato qualche ricetta. Daniele Caverzasio, il più votato sulla lista, rilancia la necessità di tornare a una “Lega nuda e cruda” in grado di riscoprire la propria anima sociale. Sembrano tesi di buon senso. Boris Bignasca, il più votato dagli elettori leghisti e nella roccaforte di Lugano, da tempo segnala storture nella linea politica. Altre autocritiche e altre idee seguiranno, nel dibattito che si aprirà in questi giorni.
Noi non ci azzardiamo a formulare ipotesi sulle ragioni della sconfitta. Anche perché si tratta, come sempre, di una complessa somma di fattori. E nessuno può avere la verità in tasca, in questi casi. Se fossimo in dirigenti della Lega, in ogni caso, eviteremmo di concentrare tutta l’attenzione sulla lista unica con l’UDC. Quel fattore ha senz’altro pesato, ma siamo nel campo della meccanica politica, della matematica impossibile. È vero che alle elezioni 1+1 non fa necessariamente 2. Ma se questa è la logica, vale pure all’incontrario.
La Lega, come Movimento post ideologico, ha sempre costruito il suo successo sapendo scegliere i temi. Le responsabilità di Governo hanno creato un cortocircuito tra promesse e soluzioni, tra linea storica e giravolte di rotta. Fossimo in loro, ripartiremmo da qui.