ANALISI
La Lega è un movimento di Governo ma non più di lotta
Se da un lato questo approccio ultragovernativo può rassicurare l’elettorato, dall'altro potrebbe prima o poi presentare il conto

di Andrea Leoni

Una certa pigrizia nell’analisi continua ad alimentare il ritratto di una Lega come movimento di lotta e di Governo. Ma è davvero così?

Se a livello federale, nel campo del centrodestra, il modello del doppio binario è perfettamente interpretato dall’UDC  - che nonostante due Consiglieri Federali sforna a ripetizione iniziative popolari determinanti per il futuro del Paese - a livello cantonale la Lega sembra aver abdicato ad interpretare contemporaneamente il ruolo di governante e oppositore.

Il movimento di via Monte Boglia, infatti, si è ormai completamente istituzionalizzato, forse imborghesito, finanche statalizzato in alcuni suoi passaggi. I dati di fatto parlano chiaro: l’ultimo referendum promosso direttamente dalla Lega è stato quello “interno” sulla tassa sul sacco. Quello precedente era stato contro la partecipazione del Ticino all’Expo di Milano, e anche in quel caso non vi era stata piena compattezza tra i ranghi. Pe scovare un’iniziativa popolare con la griffe leghista bisogna addirittura tornare all’epoca di Giuliano Bignasca. Sei anni fa o giù di lì.

La Lega sembra dunque aver rinunciato, a livello cantonale, agli strumenti della democrazia diretta per articolare la propria azione politica. Il che significa anche aver abbandonato il luogo dove le firme si raccolgono: le piazze. In questo lasso di tempo si è limitata ad accodarsi a battaglie popolari promosse da altri, in particolare dall'UDC, riuscendo comunque ad accaparrarsene parte del merito: l’ultima quella sulla Scuola che verrà. Ottimo risultato, minimo sforzo.

Il Movimento regala certezze ormai su pochi temi benché assai qualificanti in Ticino: il contrasto all’Europa, la sicurezza e la difesa delle tradizioni. In senso lato. Sul resto è un terno al lotto riuscire a prevedere le posizioni leghiste. I temi sociali, e in parte anche quelli fiscali, sono finiti nel museo dei ricordi ed è da un po’ di tempo che la Lega fatica a far ciò che gli è sempre venuto meglio: dettare l’agenda politica.

Se da un lato questo approccio ultragovernativo e amministrativo può rassicurare una parte dell’elettorato o addirittura allargarlo (come hanno certificato tutte le ultime elezioni), dall’altro questa mutazione potrebbe prima o poi presentare il conto.

Non si può infatti escludere a priori che il riflesso che tante volte ha premiato la Lega rispetto agli avversari che negli anni hanno tentato di inseguirla o scimmiottarla - meglio votare l’originale -  potrebbe rovesciarsi andando ad avvantaggiare il partito governativo per eccellenza: il PLR.

Questo potrebbe verificarsi soprattutto qualora dovesse naufragare il matrimonio elettorale con l’UDC. Un’intesa che, di fatto, blinderebbe i due seggi leghisti in Consiglio di Stato. È vero che in politica 25 più 5 non fa per forza 30, ma neppure 25…..

In tutto questo quadro la Lega mantiene comunque un importante vantaggio sugli storici avversari. Il vento sovranista spira forte in  Europa, come mai prima d’ora, e in Svizzera con due iniziative popolari - autodeterminazione e libera circolazione - che porteranno il popolo a fare finalmente, e una volta e per tutte, i conti con l’Unione Europea. E anche in questo piccolo lembo di terra la legislatura che va a morire verrà archiviata con la dicitura “primanostrista”: molto altro non c’è da aggiungere sul quadriennio.

Le prossime elezioni ci diranno se alla Lega per vincere basta essere un affidabile partito di Governo, senza più essere di lotta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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