ANALISI
Covid19: tutto è cambiato, nulla è cambiato
La scelta tra misure preventive o proporzionate. Il contact tracing che fa acqua. La linea Gobbi e quella De Rosa. Analisi della conferenza stampa odierna del Consiglio di Stato

di Andrea Leoni

La prima “notizia” della conferenza stampa odierna del Consiglio di Stato, è che il Governo ha deciso di non intraprendere alcuna nuova misura. Nell'incontro con i giornalisti sono stati semplicemente ribaditi i provvedimenti introdotti nella pubblica amministrazione un paio di giorni fa (mascherine obbligatorie e telelavoro) e già comunicati con una nota informativa. Oltre a questo, sono giunti dai ministri accorati appelli alla responsabilità individuale. Interessanti i numeri snocciolati dal medico cantonale.

C’era chi all’interno del mondo sanitario ticinese, si aspettava oggi un inasprimento delle restrizioni. Ad esempio sullo sport dilettantistico ma non solo. Ne hanno esplicitamente parlato ieri sera a Matrioska su Teleticino (clicca qui) il direttore della Moncucco Christian Camponovo, quello del Cardiocentro Massimo Manserra e il presidente dell’Ordine dei medici Franco Denti. Invece nulla, non una sola parola.

Eppure, a leggerlo in controluce, l’infopoint governativo fornisce degli spunti di riflessione interessanti. Al giusto appello alla calma perché - lo ripetiamo anche noi - i 255 casi odierni non sono assolutamente paragonabili a quelli di un giorno dello scorso marzo, quando si testavano solo i “moribondi” o quasi, i Consiglieri di Stato hanno ribadito una linea di condotta politica. Da questo punto di vista siamo nella stessa identica situazione della vigilia della prima ondata. Ora come allora chi ha la responsabilità di governare deve scegliere tra misure preventive e misure proporzionali in base all’evoluzione dei contagi. In primavera il Consiglio di Stato bruciò dieci giorni preziosissimi sull’altare della proporzionalità e l’abbiamo pagata cara. Allora c’era la fondata giustificazione di trovarsi a combattere un nemico sconosciuto e dirompente. Oggi questa “scusa” non esiste più e per questo motivo la scelta politica di agire proporzionalmente, anziché preventivamente, assume un peso del tutto diverso. Il Consiglio di Stato, che ha governato molto bene dal lockdown in poi (compresa la difficile fase delle riaperture), si assume quindi la responsabilità di una decisione importantissima, potenzialmente decisiva.

Attorno a noi, proprio come accaduto durante la prima ondata, ci sono Governi che scelgono sia la via preventiva sia quella reattiva, cioè connessa al bollettino dei contagi giornalieri e settimanali. Questo vale non solo nei provvedimenti ma anche nei messaggi. La Cancelliera Angela Merkel, pur avendo una situazione che butta al brutto, ma assai migliore di quella che stiamo vivendo in Svizzera, ha lanciato negli scorsi giorni un appello ai suoi concittadini: restate a casa e rinunciate a tutte le attività non indispensabili. Parole chiare che non si prestano ad interpretazioni. Il Governo ticinese, per contro, punta forte, di nuovo, sulla responsabilità individuale, dando indicazioni interpretabili sui comportamenti da tenere. Ciò è emerso in maniera emblematica quando nel corso della conferenza odierna si è discusso del tema delle cene con gli amici: farle? Non farle? Quante farne? Come farle? Molte indicazioni ma, infine, tutte affidate alla percezione del pericolo e alla sensibilità del singolo. Mah...

La responsabilità individuale è certamente una questione cruciale. Nella prima ondata questo principio è stato miseramente travolto, almeno fintanto che non è stato sorretto da pesanti misure restrittive. Tutti auspichiamo oggi, con una diversa consapevolezza sul virus, che questo fattore abbia un peso diverso. La domanda rimane però la stessa: è sufficiente? Oppure per frenare una catena esponenziale dei contagi diventa indispensabile separare per quanto possibile le persone, invitandole a non incontrarsi o attuando e incoraggiando provvedimenti restrittivi della vita sociale e lavorativa?

Tutto è cambiato. Nulla è cambiato. Da un certo punto di vista. Ma quello che risulta poco comprensibile, e poco accettabile, è che il 21 di ottobre il Governo ticinese parli di potenziamento del contact tracing, che sarà attuato “nei prossimi giorni”. Abbiamo avuto un’intera estate per preparare una macchina da guerra in grado di far fronte all’attesa seconda ondata autunnale. Perché Alain Berset ha ragione: ogni franco investito nel tracciamento, è un franco ben speso. Anche, aggiungiamo noi, se dovesse rivelarsi sprecato.

Eppure ci troviamo oggi a parlare di “potenziamento” e tutti sappiamo che la cellula del contact tracing ticinese è già in enorme sofferenza. Non ci stanno più dietro e non da stamattina. Ciò provoca gravi ritardi e falle enormi nel fondamentale contenimento dell’infezione. E questo, piccolo dettaglio, si ripercuote anche sulla App SwissCovid. Da Berna, anche in questi giorni, si sprecano gli appelli a scaricarla. Ma in Ticino si sprecano le segnalazioni di persone che non ricevono, o ricevono con estremo ritardo, il codice da parte delle autorità cantonali. Non va bene.

Dalla conferenza stampa odierna sono emerse anche con chiarezza le diverse sensibilità presenti all’interno del Consiglio di Stato, con Norman Gobbi (e Claudio Zali) che incarna posizioni più svedesi, o alla Ueli Maurer, e il ministro Raffaele De Rosa che propone una linea assai più rigorista. Non è certo una novità. Basti pensare che il ministro del DSS aveva portato in Governo la proposta d’introdurre la mascherina negli spazi chiusi già nel mese di luglio. Rimase in minoranza.

Gobbi è tornato a parlare di “lockdown insostenibile”, De Rosa di“lockdown da evitare ad ogni costo, ma che ci sarà imposto dal virus” se le misure di contenimento e la responsabilità individuale non riusciranno ad arrestare i contagi. Già, quante volte lo abbiamo scritto: a comandare è il Coronavirus e i Governi possono solo cercare di limitarlo.

Infine, ma non da ultimo, non possiamo che sottolineare il cazziatone pubblico che Raffaele De Rosa ha fatto ai negazionisti e ai relativisti. A coloro che, anche negli scorsi giorni, hanno parlato di un virus più buono o di una presunta immunità che si sarebbe sviluppata nella popolazione ticinese dopo la prima ondata. Tra questi anche personalità di spicco del sistema sanitario ticinese, ma pure medici che continuano a inondare i social di fake news. Quest’ultimo è un problema molto serio che sta facendo danni enormi. Andrebbe combattuto con ben altro vigore. Perché chi invita a sottovalutare il Covid, o diffonde ridicole teorie contro l’uso delle mascherine, mette in pericolo il sistema sanitario e la salute pubblica. Quella di tutti noi.

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