ANALISI
Note elettorali
Riflessioni tra le pieghe del voto: in Gran Consiglio le alleanze di destra e di sinistra hanno perso entrambe

di Andrea Leoni

Le aree di destra (Lega/UDC) e di sinistra (PS/Verdi), escono sconfitte alla pari dallo spoglio del Gran Consiglio, con un saldo negativo di 2 deputati a testa, persi sull’altare della frammentazione. Anche l’area di centro, che pur correva ben separata, paga lo stesso scotto a favore dei partitini, a causa dei 2 seggi persi dal PLR. Tutte le forze politiche che hanno contribuito ad eleggere il nuovo Consiglio di Stato, e che dunque sarebbero chiamate a garantire la governabilità nella prossima legislatura, hanno lasciato alle opposizioni 6 deputati. Più di un nuovo gruppo parlamentare. Non è poco.

Nel quadro di questo evidente voto di protesta verso i partiti di Governo, a cui si somma il record della scheda senza intestazione, i sentimenti sono però contrastanti. L’unico partito che ha raggiunto l’obbiettivo che si era dato è il Centro di Fiorenzo Dadò. I centristi puntavano infatti alla rielezione di Raffaele De Rosa (che ha conseguito un risultato eccezionale) e al mantenimento dei deputati in Gran Consiglio. Una soddisfazione meritata per Dadò e la sua squadra che hanno condotto una campagna umile, realista e concreta, articolata in primis su una lista forte per il Consiglio di Stato.

Nonostante la strepitosa votazione di Christian Vitta, invece, il PLR è tra gli sconfitti. I liberali radicali hanno pagato a caro prezzo una lista per il Governo troppo rinunciataria, che non ha saputo appassionare gli elettori, con evidenti e prevedibili ricadute sul Gran Consiglio. Continuiamo a credere che sia stato giusto non lanciare l’ennesimo guanto di sfida alla Lega, tenendo viva l’ossessione per il raddoppio in Consiglio di Stato, ma è mancata una via di mezzo. A tal proposito, la lista presentata dal Centro, può essere d’ispirazione per il futuro. Che la cinquina schierata per il Governo non fosse quella sognata da Speziali è cosa nota. E neppure si può rimproverare alla presidenza la mancata disponibilità a mettersi gioco da parte di alcuni cavalli, che erano stati solleciti in tal senso. L’errore di Spez è stato semmai comunicativo: non si preannuncia una lista di figure alpha, senza averla nel sacco. Quanto alla linea politica, la scelta del presidente di riposizionare il partito sul centrodestra, non sembra aver convinto gli elettori. Ma è stato il posizionamento o la sensazione di essere a rimorchio dell’UDC su alcuni temi? Detta altrimenti: se il Decreto Morisoli si fosse chiamato Decreto Speziali, la percezione sarebbe stata la stessa? Di sicuro c’è che gli elettori hanno premiato l’originale (UDC) e i dati segnalano altresì un'importante fuga di voti (radicali?) verso la casa di centrosinistra costruita da Avanti. Non si può infine non citare il sesto posto sulla lista di Alessandro Speziali. Un giudizio tanto sorprendente quanto severo, che non mancherà di portare ulteriori riflessioni nella testa del Presidente.

E veniamo all’area rossoverde. Alla prima prova delle urne il risultato dell’alleanza nella corsa al Governo è stato disastroso. Un disastro annunciato, figlio di una strategia elettorale sbagliata che gli elettori hanno bocciato sonoramente. Scriviamo annunciato perché tutti gli osservatori avevano evidenziato per tempo gli errori, mettendo in guardia la dirigenza socialista. Una dirigenza che, tuttavia, si era dimostrata sorda alle critiche, respingendole talvolta con supponenza e arroccandosi sulle proprie posizioni. Ma se la linea ha retto alla grande negli organi di partito, si è sciolta come neve al sole nelle urne. Riconoscere oggi che a sbagliare sono stati gli architetti di quella strategia, e non i votanti che non l’hanno compresa, è il primo passo per costruire un futuro migliore.
Sul fronte del Gran Consiglio, per contro, la sconfitta è stata contenuta ed è identica a quella della destra. L’area rossoverde esce dunque ammaccata, ma viva, da questa tornata elettorale. Ha conservato i numeri minimi per restare in piedi, ma ora dovrà dimostrare di saper camminare e, chissà, un domani saper correre. Non crediamo siano giustificati ne ragionevoli cambi al vertice del PS, come paventato da qualcuno, ma un bagno di umiltà, quello sì (e non ci riferiamo solo ai due co-presidenti).

L’area di destra, al contrario di quella rossoverde, ha fatto un’ottima prestazione nella corsa al Consiglio di Stato, riconfermando senza tentennamenti i due ministri leghisti uscenti, mentre ha perso nella gara parlamentare. E qui la notizia è senza dubbio il tonfo della Lega: il peggior risultato tra i partiti di Governo. La perdita di quattro deputati rappresenta una sconfitta pesante per il Movimento di via Monte Boglia, che fa il paio con quella di quattro anni fa. Si può dire che il mantenimento della maggioranza relativa in Governo, sia costata 8 deputati in due elezioni. Un prezzo salatissimo quello pagato dalla Lega sull’altare della governabilità e dell’alleanza con l’UDC. Una fattura che i leghisti non sono più disposti a pagare, come annunciato ieri a chiare lettere il capogruppo della Lega Boris Bignasca: “Si va all’opposizione”. La cannibalizzazione da parte dei democentristi è costata 2 dei 4 seggi persi in Gran Consiglio. L’alleanza terrà per le federali, ma il futuro resta un punto interrogativo. Un interrogativo che concerne la sopravvivenza stessa della Lega, nel medio periodo. Di certo non vedremo più la deputazione del Movimento immolarsi in Parlamento e nelle votazioni popolari per decreti Morisoli e simili.

I demonentristi, dal canto loro, vincono ma senza fare il botto. La doppia cifra percentuale nei voti e i due deputati aggiunti al gruppo, sono un premio atteso e meritato per il lavoro svolto nella legislatura appena conclusasi. Ma sono il premio minimo, se consideriamo la centralità dell'UDC nell'ultimo quadriennio, dove spesso e volentieri ha saputo dettare l’agenda politica ad altri più grandi e strutturati partiti. Certo, in un panorama dove tutti i gruppi parlamentari alla meglio stanno fermi, il segno + giustifica esultanza e soddisfazione. Ma crediamo di non sbagliarci se pensiamo che in casa democentrista si aspettassero una crescita più netta in termini di seggi. Il risultato di Piero Marchesi per il Consiglio di Stato, infine, è stato più che onorevole, nonostante il chiaro distacco da Claudio Zali. 

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