SECONDO ME
Covid19, Boris Bignasca: "Quanto invidio i negazionisti e i coreani"
Il deputato della Lega ci scrive: "C'è una sorta di competizione a chi fa meno peggio. Nessuna strategia. Si sta come d’autunno ad aspettare il bollettino"

di Boris Bignasca*

I negazionisti sono una categoria variegata della nostra società in tempi di pandemia. Esistono i negazionisti "esperti" che ti spiegano come il Covid19  sia meno pericoloso di una banale influenza stagionale e quanto sia importante l’ottimismo per rafforzare il sistema immunitario (e qui non riesco a fare a meno  d'immaginarmi i globuli bianchi che si lanciano in cori d'incitamento come tifosi di una squadra di calcio).

Esistono poi i negazionisti "economici". La frase clou è sempre la stessa: "si muore più di povertà che di Covid-19". Abile artificio retorico.Ovviamente nessuno tra i negazionisti economici tiene un conteggio dei "morti per povertà", anche perché in taluni paesi occidentali, questo sarebbe pari zero. Per esempio in Svizzera.

Arrivano poi i negazionisti "neodarwiniani", i teorici della selezione naturale, perché in fondo anche il virus fa parte della Natura. Secondo questi ultimi, per la salvaguardia della società o della specie, se ne devono andare i più deboli o almeno quelli che tali vengono considerati. Tuttavia non si capisce bene cosa penserebbero se in questa categoria venissero considerati anche loro o i loro amici e parenti. 

Alcuni paesi occidentali hanno scelto una strada simile a quella del negazionismo. In Svezia si è puntato all’immunità di gregge. Una teoria osteggiata da moltissimi esperti, soprattutto per un paio di controindicazioni: non è detto che chi ha preso il virus una volta non possa riprenderlo; non possiamo permetterci di avere gli ospedali intasati di malati Covid e poi non poter curare tutti gli altri pazienti.

I paesi orientali, invece, hanno intrapreso una strada opposta fatta di rigore, ordine ed organizzazione. A Singapore si entra solo dopo aver fatto un tampone e si è "liberi" dopo 14 giorni di quarantena in albergo. E questo capita in molte altre nazioni asiatiche. La Corea del Sud, per fare un altro esempio, è avanti a tutti sin dall'inizio della pandemia grazie al contact tracing applicato via app, che ovviamente è obbligatoria. Niente hotline intasate, niente codici per l’applicazione che arrivano se va bene dopo tre giorni, niente liste nei locali pubblici fatte come se si trattasse di un gioco da resort. Ordine, disciplina, mascherine e organizzazione contraddistinguono l’approccio dei paesi orientali. Quanto li invidio.

E noi "normali" occidentali cosa facciamo? Certo rifuggiamo tendenzialmente dal negazionismo, sarebbe poco politically correct non provare empatia verso le vittime, spesso anziane, e non provare sgomento verso i camion dell’esercito italiano che portano via le bare dalla provincia di Bergamo. Però allo stesso tempo rifiutiamo con altrettanto trasporto misure forti: mettiamo la mascherina controvoglia, vogliamo salvaguardare la libertà di poter andare al bar, almeno seduti, vogliamo poter fare sport, perché fa bene al fisico e vogliamo mantenere la libertà di incontrarci, perché fa bene all’anima.  E mal digeriamo, spesso, lo smartworking. Insomma è dura ammetterlo, ma in fondo siamo capricciosi.

I paesi occidentali continuano, dunque, a vivere nel limbo di misure troppo deboli per rallentare veramente i contagi, ma abbastanza forti da tranquillizzare l’opinione pubblica. La misura di quello che è giusto o sbagliato è determinato dal fattore più importante è cioè il consenso, che in fondo è quello che chi governa ha bisogno per giustificare il proprio agire.

Dunque i paesi europei ondeggiano, si guardano, si coordinano pur continuando a prendere misure a macchia di leopardo. Ognuno scruta la propria opinione pubblica, si difende dalle opposizioni politiche, cerca di tranquillizzare gli ambienti economici e di tenere i contagi più bassi dei propri vicini, in una sorta di gioco dal titolo “L’erba del vicino è sempre più piena di Covid”. E così anche al Ticino va bene avere meno contagi rispetto agli altri Cantoni. E alla Germania e all’Italia va bene avere meno contagi rispetto a Francia e Spagna.

Una sorta di competizione internazionale a chi fa meno peggio. Nessuna strategia. Nessuna voglia di affrontare un discorso sui valori che vada in profondità rispetto ai temi che questa pandemia ci mette sul tavolo. Natura, scienza, economia, solidarietà, salute, libertà, democrazia, diritti.. e tante altre parole cardine del nostro vivere insieme vengono gettate alla rinfusa senza che questo scaturisca in un’idea condivisa. Idea di società condivisa sulla quale basare gli interventi per fronteggiare il Covid19. Si vive alla giornata, insomma. 

Si sta come d’autunno ad aspettare il bollettino.  

 

*Deputato Lega

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