La deputata del MPS: "Funzionari dirigenti e responsabili politici del Dipartimento non possono più negare di non aver saputo nulla"
di Angelica Lepori
Il recente servizio di Falò sulle vicende dell’ex funzionario cantonale accusato e condannato per stupro e coazione sessuale ha riaperto una ferita che molti e molte volevano e speravano di non dover più affrontare.
Ma il coraggio e la determinazione delle vittime a raccontare quanto successo e vissuto hanno permesso a tutto il Cantone di rendersi conto della realtà e, soprattutto, di capire che tutti sapevano, ma nessuno ha fatto nulla per proteggere le vittime e evitare che questo succedesse di nuovo.
Ne emerge un quadro di omertà e di connivenza con pratiche sessiste, omofobe e violente. Pratiche di cui tutti erano a conoscenza, ma di cui nessuno parlava. Pratiche e azioni che addirittura venivano considerate come normali…contro le quali non si poteva fare nulla… Funzionari dirigenti e responsabili politici del DSS (allora sotto la direzione di Patrizia Pesenti), non possono più negare di non aver saputo nulla e non possono nemmeno più sostenere di aver ascoltato e sostenuto le vittime.
Le testimonianze delle vittime li inchiodano alle loro responsabilità: impressionante sentire dalle giovani donne dire che nessuno ha chiesto loro, dopo le prime segnalazioni, di approfondire, prestando loro sostegno e ascolto, ma limitandosi, e in un solo caso, a segnalare un servizio di sostegno alle vittime e lavandosene così le mani. Un comportamento inaccettabile e intollerabile, che trova sostegno in una cultura sessista e omofoba che permane in tutte le organizzazioni, anche quelle cosiddette di sinistra. Una cultura che spesso viene mascherata con l’ironia, lo scherzo o, peggio ancora, la satira (un atteggiamento che abbiamo denunciato in un articolo di un paio di anni fa che aveva fatto storcere a qualcuno il naso: https://mps-ti.ch/2019/02/la-cultura-de-il-diavolo-il-ps-e-la-condanna-del-funzionario-dss/). In verità tutto ciò non fa né ridere, né ha qualcosa a che vedere con la satira, ma crea solo il terreno fertile per continuare a portare avanti pratiche sessiste e violente.
Chi sapeva e non ha agito dovrebbe avere almeno il coraggio di chiedere scusa, chi ancora oggi ha funzioni direttive all’interno del DSS e lavora nell’ambito della protezione dei minori e delle vittime dovrebbe avere la dignità di dimettersi. Non basta rabbrividire e essere scioccati/e come oggi fanno tutti e tutte. Bisogna assumere la responsabilità della propria inazione e trarne le dovute conseguenze.
È davvero il momento di fare chiarezza su quanto successo, di inchiodare i responsabili e di mettere in atto tutte le misure necessarie affinché questo non succeda più.
Come MPS lo abbiamo fatto in Parlamento sostenendo la prima proposta dell’istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso dell’ex funzionario (bocciata dalla maggioranza con i voti decisivi delle donne e degli uomini del Partito socialista e dei suoi satelliti), promuovendo un sondaggio tra le dipendenti e i dipendenti del cantone che mostrava molto bene quanto le molestie e a violenza fossero e sono una pratica corrente all’interno dell’amministrazione; e lo faremo sostenendo la necessità di un audit esterno sul caso dell’ex funzionario (se questa sarà, come sembra, la proposta che arriverà dalla commissione della gestione) e continuando a fare proposte per introdurre reali sistemi di accoglienza delle vittime e di controllo su quanto avviene all’interno dell’amministrazione cantonale.
Infine, un plauso alla RSI (in particolare alla giornalista artefice di questo servizio): ma speriamo che la RSI prosegua con celerità e trasparenza i chiarimenti sui numerosi atti di molestie che, come noto, l’hanno investita negli ultimi anni. Magari dedicandovi uno o più servizi così profondi.
* deputata MPS