“Lo sport giovanile è l’ultimo vero ambiente interclassista della nostra società, in cui i ragazzi si possono incontrare e misurare. I Comuni possono fare molto di più che organizzare lezioni di ginnastica per gli scolari”
di Yvonne Ballestra Cotti *
Con due figli maschi in casa, ormai avviati verso la preadolescenza, era solo una questione di tempo; presto o tardi, era inevitabile che la loro passione divorante per il pallone contagiasse anche me. La cosa divertente, però, è che le cose sono andate un po’ diversamente da come mi sarei aspettata. Il mio rapporto con il calcio è infatti iniziato allenando un gruppo di bambine: le allieve delle scuole elementari dei Saleggi, con le quali ci siamo preparate lo scorso anno a una memorabile edizione del Torneo scolari del Locarnese. Quell’esperienza mi è piaciuta talmente tanto che ora prosegue per me in una più istituzionale, nel ruolo di aiuto allenatrice della Scuola calcio del FC Solduno. Servirebbero molte pagine per raccontare tutto quello che la mia esperienza da «outsider» del calcio giovanile mi sta insegnando. Al di fuori della scuola pubblica, si tratta dell’ultimo vero ambiente interclassista della nostra società, in cui le figlie e i figli di famiglie patrizie e immigrate, ricche o povere, si possono incontrare, conoscere e misurare su un terreno perfettamente livellato. Basterebbe soltanto questa virtù, nei tempi che stiamo vivendo, per giustificare un impegno ancora più forte degli enti pubblici – Cantone e Comuni – a favore dello sport giovanile. Al di là della "mescolanza sociale" che questo ambiente permette, però, c’è anche una questione di salute pubblica che si fa sempre più urgente – e della quale mi accorgo nel mio lavoro di docente delle scuole post-obbligatorie. In una società che si sta virtualizzando, a una velocità sempre più vertiginosa, è infatti essenziale contrastare attivamente il dilagare dello stile di vita sedentario. Se l’abitudine al movimento non viene insegnata e condivisa con le bambine e i bambini fin dalla prima infanzia, infatti, recuperare il terreno perduto è difficilissimo man mano che l’età avanza. In questo esercizio collettivo di educazione all’attività fisica, i Comuni hanno la possibilità di fare davvero tantissimo – molto più che semplicemente organizzare le lezioni di ginnastica per gli scolari. Come Città di Locarno (e come Locarnese) dobbiamo perciò iniziare a interrogarci su quanto seriamente stiamo prendendo il tema del movimento e dell’attività sportiva, e quanta dignità la nostra politica sta attribuendo all’argomento. Il Mendrisiotto, una regione politicamente frammentata più o meno come la nostra, ha lanciato lungimiranti iniziative per coordinare i propri sforzi di politica sportiva a livello regionale: credo proprio che questo sarebbe il primo passo da compiere, insieme a un censimento serio sul livello qualitativo delle infrastrutture che mettiamo a disposizione delle nostre società sportive. Se verrò eletta in Municipio, intendo condividere con i colleghi il mio entusiasmo per lo sport e la voglia di mettere la politica sportiva in primo piano. La grinta non mi mancherà, visto quanta me ne hanno trasmessa le ragazze di Locarno che ho allenato, e si sono poi battute con grinta sui campi da calcio per farsi valere contro i loro compagni maschi.
* candidata al Municipio di Locarno per il Centro