Di Paolo Morel
Un po’ di sana invidia ci può anche stare: chi non ha mai sognato di ritrovarsi un giorno ricco, magari molto ricco? Eppure, nell’immaginario collettivo, la ricchezza è quasi sempre percepita negativamente: ad essa si associano potere, privilegi e opportunità infinite che generano diseguaglianze sociali sempre più preoccupanti. Per non parlare delle tasse. La percezione più comune porta a credere che alcuni abbiano ottenuto la loro ricchezza sfruttando i lavoratori, le risorse o evadendo responsabilità sociali, come le tasse.
Inoltre questa disparità genera sentimenti di ingiustizia, specialmente in periodi di crisi economica. Proviamo a mettere da parte sensazioni, convinzioni, dogmi e principi economici e aggiungiamo alla comprensibile, umanissima invidia, almeno un pizzico di consapevolezza: quanto basta per ragionare su alcuni dati, che dovrebbero permetterci di ricordare che la ricchezza di alcuni è una risorsa imprescindibile cui ogni Stato attinge per finanziare servizi pubblici essenziali.
Tradotto in termini concreti si può affermare che la capacità operativa di qualsiasi ente pubblico dipende in realtà da pochissimi individui. Individui le cui scelte – a cominciare dalla loro prerogativa di grande mobilità che potrebbe spingerli verso ecosistemi fiscalmente più favorevoli – si legano prospettive di investimenti e di sviluppo che giovano a tutti. Ricchi, meno ricchi e soprattutto agli indigenti a cui lo Stato deve poter dare assistenza. Varrebbe la pena ricordarsene sempre, ma soprattutto di questi tempi di fronte alla miope insistenza con cui la sinistra pensa di risolvere ogni problema finanziario, non con la compensazione o il risparmio ma semplicemente infilando la mano nelle loro tasche.
Gli esempi più recenti di questa pseudo strategia sono l’iniziativa che propone di tassare i super ricchi per combattere la crisi climatica lanciata da Gioventù socialista (imposizione del 50% sulle successioni sopra i 50 milioni) e l’iniziativa parlamentare dell’evangelico Marc Jost per un’imposta sulle successioni milionarie per finanziare l’AVS. In questo caso, che creerebbe di fatto un’inaccettabile doppia imposizione, si verificherebbe anche un’ingerenza nella sovranità fiscale dei Cantoni, cui competerebbe la riscossione di una simile imposta.
Sarebbe sbagliato concedere tutto ai ricchi, ci mancherebbe, ma anche fingere di non capire quanto siano importanti per tutti. “Un’idea = una tassa” porterà il Paese verso la povertà di lungo termine.
*Presidente sezione PLR Lugano