CORONAVIRUS
Scuole, cinema, chiese, palestre, frontiere, il geriatra Pertoldi sul Coronavirus: "Ecco cosa dovremmo chiudere". E ai genitori dice: "Se potete non mandate i vostri figli a scuola"
Il presidente della Società ticinese di geriatria: per gli anziani che hanno una pessima prognosi di recupero o di guarigione, soprattutto dal profilo cerebrale e cognitivo, occorrerà adottare scelte razionali e responsabili
TiPress/Pablo Gianinazzi
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CHIASSO - Chiudere le scuole? Sì, almeno dalla terza o quarta media in su.

Chiudere i luoghi pubblici? Sì, a parte alcune eccezioni. Chiudere le frontiere? La politica dovrebbe seguire le indicazioni degli infettivologi. Rendendo però attenti che forse proprio gli anziani potranno subire il contraccolpo di una forte diminuzione del personale sanitario se i curanti frontalieri non potranno più entrare.

 

Questa è,  in estrema sintesi, la linea del dottor William Pertoldi, presidente della Società ticinese dei medici geriatri, con studio a Chiasso, per contenere i contagi da Coronavirus.

 

Il geriatra precisa che il suo collega Silvio Crestani, presidente Circolo medico del Mendrisiotto, è allineato alla posizione di Franco Denti e condivide dunque gli appelli che il presidente dell’Ordine cantonale ha ripetutamente lanciato in queste settimane alla politica.

 

Le parole di Pertoldi sono ‘notizie dal fronte’, notizie che iniziano con una descrizione generale del quadro sociale: “Quello che noi vediamo, che constatiamo personalmente da giorni, è che ci sono ancora troppi agglomerati di persone, e che, soprattutto tra i giovani, non c’è ancora una sufficiente coscienza della pericolosità della situazione. C’è ancora troppa gente che non si rende conto dei rischi di trasmissibilità di questo virus”.

 

Statisticamente, spiega il medico, i giovani non sono un soggetto ad alto rischio ma sono micidiali veicoli di infezione per le persone più deboli, in particolare per gli anziani.

“Noto invece che da parte degli anziani c’è molta più attenzione. Ma l’attenzione non basta. Personalmente penso che ora sia urgente prendere decisioni chiare: chiudere luoghi di aggregazione, come palestre, cinema, piscine… penso che le messe debbano essere sospese, e che bar e ristoranti possano rimanere aperti solo se hanno la possibilità di garantire al loro interno una distanza di sicurezza tra i clienti, limitandone rigorosamente il numero”.

 

Per quanto riguarda le scuole, Pertoldi ritiene che andrebbero chiuse almeno a partire dalla terza o quarta media, vale a dire per gli allievi che hanno un’età sufficiente per poter stare a casa soli durante il giorno se i genitori lavorano.

 

“So benissimo che la chiusura indiscriminata di tutte le scuole – aggiunge - porrebbe il problema della sorveglianza dei bambini. Per farlo bisogna immaginare delle risposte sociali al problema, evitando però che vengano affidati ai nonni, con i relativi rischi di contagio. Ma dico di più… chi può permetterselo, lo faccia: tenga i figli a casa, senza però, ripeto, metterli in contatto con famigliari anziani”.

 

Un atto di disubbidienza civile, insomma. “Sì – risponde Pertoldi -, ma in nome della protezione della salute collettiva. Sono dieci giorni che non vado a trovare mia madre che ha 82 anni, e nemmeno i miei suoceri. E questo dovrebbero fare tutti coloro che hanno famigliari anziani, organizzandosi in modo che possano avere a casa tutto il necessario per superare questo momento delicato”.

 

Anziani blindati in casa, dunque? “Assolutamente no – precisa il geriatra -. Anzi, li esorto a uscire, ma solo per fare delle passeggiate in luoghi poco frequentati, osservando le misure di prevenzione e di igiene che ormai tutti conoscono. Ma niente supermercato o negozio, niente banca, niente bar, niente posta… E se hanno necessità di cure dev’essere il medico a decidere se visitarli in ambulatorio o a domicilio”.

 

Diversi medici a Chiasso spingono anche per misure drastiche, come la chiusura della frontiera. “Non è facile farsi un’opinione chiara su questa misura quando ormai il virus si è già ampiamente diffuso in Ticino – dice Pertoldi -. Ma la risposta devono darla gli infettivologi e credo che la politica dovrebbe seguire le loro indicazioni, indipendentemente dagli altri interessi in gioco. Rendendo però attenti che forse proprio gli anziani potranno subire il contraccolpo di una forte diminuzione del personale sanitario se i curanti frontalieri non potranno più entrare”.

 

C’è infine il grande capitolo delle case per anziani, aree protette ma ad alto rischio di fronte all’epidemia…

 

“Come presidente della Società medici geriatri ho redatto in collaborazione con i membri del mio comitato alcune raccomandazioni sul comportamento e l’attitudine che dovrebbero assumere i direttori delle case per anziani. Case che non sono più dei semplici istituti di cura, ma devono operare in un contesto più generale di salute pubblica. Ebbene, in questa situazione particolarmente delicata le cure vanno decise e somministrate anche ponderando pro e contro, secondo il principio della proporzionalità. In questo senso stiamo preparando un algoritmo per guidare le scelte terapeutiche. Altrimenti rischiamo di ricoverare in ospedale pazienti che si trovano in case per anziani, e che già vivono una situazione di grande fragilità, con una prognosi negativa in caso di complicanza da Covid, malgrado l’utilizzo di terapie intensive. Il rischio, lo dico chiaramente, è quello di trovarci stazioni di cure intensive occupate da pazienti con prognosi di recupero negativa che non possono essere utilizzate per pazienti che ne hanno bisogno. Questo, sia chiaro, non significa rinunciare a curare gli anziani affetti dal virus, ma ponderare di volta in volta le decisioni di ricovero ospedaliero, facendo capo a un pool di medici e di sanitari, anche per evitare che la decisione ricada su una sola persona”.

 

Insomma, di fronte al virus non tutti potranno essere curati… O meglio, per gli anziani che hanno una pessima prognosi di recupero o di guarigione, soprattutto dal profilo cerebrale e cognitivo, occorrerà adottare scelte razionali e responsabili. Non per cinismo, ma per evitare di portare al collasso il sistema sanitario già messo a dura prova dall’epidemia sottraendo risorse terapeutiche a chi ne ha davvero bisogno per guarire.

 

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