Dalla brillante penna di Franco Lazzarotto la lettera immaginaria di un'ottantenne al capo della polizia: "La TV è diventata la Merlani. Il micio l'ho chiamato Vitta. E le patate Koch..."
LUGANO - Conosco e stimo Franco Lazzarotto ormai da molti anni. Non ci sentiamo spesso ma ci capiamo sempre, perché entrambi abbiamo il gusto della linguaccia. Questo pezzo da cabaret ha avuto una gestazione travagliata, per quanto attiene la pubblicazione. In queste settimane in cui in Ticino si respira un'aria funesta, io e Franco ci siamo chiesti se fosse il caso. Dopo qualche tempo di riflessione io mi sono convinto di sì: “Nella tragedia - gli ho scritto - l'ironia non è proibita. Al contrario, se usata con tatto può essere un balsamo per il cuore e per la mente”. Sono contento che dopo averci a sua volta riflettuto, Franco sia giunto alla mia stessa conclusione. Buona lettura e buon sorriso! (AELLE)
di Franco Lazzarotto
Caro Comandante,
sono una fresca ottantenne che pochi giorni fa ha festeggiato alla…Reinhold Messner, ovvero in solitaria, il suo compleanno. E grazie a Dio, come lui, senza dover per ora ricorrere a bombole d’ossigeno. Parlo correntemente tre lingue - italiano, tedesco e dialetto - e negli ultimi trenta giorni ne ho aggiunto una quarta: l’home language ovvero, non sorrida per favore, ho iniziato a parlare con il mio mobilio, gli animali domestici e i viveri. Ho infatti personificato parecchi di questi così da poter intrattenere un costante dialogo casalingo e sentirmi così meno sola.
Le faccio tre esempi. La TV è diventata la Merlani: “dai Merlani, pìzzat là. Merlani fa la brava e tegn bòta nè anca se t’ho cumpràda dumà vint’an fa!” Il micio l’ho chiamato “Vitta”. E’ in volontaria quarantena pure lui e mi sta diventando sempre più nervoso per cui almeno dieci volte al giorno lo devo redarguire: “Vitta fa ‘l brau e piantala da gratàa la porta per nà in gìir”. Vittin làvat i zampètt se no te me ciàpa ’l corona e vò anca mi al babi. Le patate le chiamo “Koch”, dal nome dell’ex virologo federale, anche perché nel nostro dialetto già le chiamiamo “gnücch”. “Adèss a pèli ses o sètt Koch e ma fò là un püré coi fiocchi”. E, già che c’ero, pure lei è entrato in casa mia, caro Comandante.
Ho infatti pensato di chiamare “Cocchi” il mio cuscino anche perché, come lei ha tuonato giorni fa spalancando quei suoi occhi da furbetto, se noi over 65 dobbiamo sparire in letargo, sarà colui che più mi dovrà per mesi sostenere. “Cocchi, spètum che mèti sü ‘l pigiama pö rivi nè…. Ma come te s’è morbid Cocchino…chissà che bèi sögn che farò”. Anche se mi accontenterei di farne uno solo: prendere quel bastardo di un virus e mandarlo a Pechino. Eh, no! Anche i detti oggi non valgono più! Ma che cosa vale allora? Una sola cosa: la nostra SALUTE! Quella che medici, paramedici, autorità, protezione civile, esercito e, con Lei, i suoi uomini, caro Comandante, stanno stupendamente cercando di preservare.
Due sole parole allora vi dico a nome di noi tutti, penne bianche in primis: GRAZIE e BRAVI! E se ancora doveste incontrare uno dei miei amici “over” circolare irresponsabilmente - dentro e fuori i negozi o spingendo passeggini - in barba alle vostre vitali raccomandazioni, mi chiami che il sicuro vaccino io già ce l’ho. Si chiama PDS, due per volta. Ah, mi scusi, PDS significa “puntina ‘n dal sedere”. Effetto immediato!
Ora però la devo lasciare, caro Comandante, poiché ho una serata molto impegnativa: alle 16 mi collego infatti in WhattsApp a quattro volti con le mie amiche di tombola, alle 17 ho il giornaliero appuntamento Skype con i miei nipoti, alle 18 non posso mancare, in streaming e in training, alla conferenza stampa governativa e dopo cena devo rispondere alle e-mail e ai twitt giornalieri. Mi perdoni quindi, Caro Comandante, ma non so proprio quando troverò il tempo per andare in letargo. Ottanta abbracci…virtuali!
Albertina - con mascherina