L'avvocato e deputato in Gran Consiglio riveste i panni del PP e mette sotto inchiesta il Covid19: "La carcerazione preventiva s’impone. Occorre evitare in ogni modo che possa reiterare il reato"
di Marco Bertoli*
Siamo ancora nelle fasi iniziali della più importante inchiesta verso il nemico più aggressivo degli ultimi decenni. La carcerazione preventiva s’impone. Coronavirus porta con se tutti i presupposti per la proroga della privazione della libertà : non la sua, la nostra e quelle dei nostri studenti e dei nostri anziani. Pericolo di recidiva, bisogni d’inchiesta e proporzionalità sono sicuramente dati. Manca solo il pericolo di fuga: purtroppo non se ne andrà da nessuna parte o, vista al contrario, è già ovunque.
Come in ogni inchiesta non sappiamo ancora chi sia il colpevole: se il virus sia il reo unico, sia l’autore mediato o un istigato strumento, correo e semplice complice. Lo dirà l’indagine. Al giorno del giudizio probabilmente varrà il principio in dubio pro reo: ora no, ora occorre evitare la recidiva e dar tempo a chi di dovere di indagare al meglio.
Non sappiamo ancora nulla di certo. Leggo un sacco di pareri , di fake news, di j’accuse, di protagonismi. Ma ancora non conosciamo nulla di sicuro, per cui , in questa fase, valga in dubbio per il più duro. Rimetto allora i panni dell’inquirente per pretendere il mantenimento della detenzione.
La recidiva è manifesta. Basti osservare quante ricadute si sono avverate nemmeno lontano da noi. Il virus è subdolo, sta spesso attaccato, invisibile, su soggetti all’apparenza sani. Par di vedere la maschera di Dali sul viso di chi ci circonda, non sappiamo se sia un buono o un cattivo. Sappiamo però che sicuramente circola d’intorno. Occorre evitare in ogni modo che possa reiterare il reato e non conoscendo sotto quale maschera si annidi, fermiamone per il momento il più possibile.
Bisogni d’inchiesta ve ne sono a migliaia, come le testimonianze o supposte tali che scienziati di ogni dove divulgano talvolta alla carlona. Se tra i luminari non vi à accordo, e tralasciamo la malafede, è semplicemente perché la verità non è ancora nota. Diamo un minimo di tempo perché qualche superperito, o superfortunato, ci dia una ricetta o un serio rimedio.
Come in ogni carcerazione preventiva, determinante è la proporzionalità. Tanto più l’inchiesta avanza, tanto i motivi devono accrescere. Ciò che si chiede oggi è sicuramente duro ed incisivo ma, tutto sommato sopportabile, o perlomeno, preferibile se rapportato ai pericoli. In fondo un mese di scuola, o la spesa degli anziani ad ogni ora, o le grigliate a dozzine sono limitazioni che possiamo sopportare.
L’intubazione o il peggio, no.
Misure sostitutive sono immaginabili ed effettivamente talune sono già state adottate. Di ulteriori che sufficientemente tutelino dal pericolo di recidiva e permettano una serena e celere istruttoria non ve ne sono. E sarebbero comunque premature.
Spesso aiuta guardare ai pregiudizi o agli esempi di chi ha già dovuto prendere decisioni simili. Non sono paladino delle sentenze taglia-incolla ma, quando sono sostenute da equilibrati paragoni o dal semplice buonsenso nell’osservare quanto accade nel resto del mondo proprio nelle medesime costellazioni, sia benvenuto farne tesoro.
Confido pertanto che i preposti giudici mantengano la detenzione preventiva per un tempo commisurato. Per le scuole, il danno sarebbe contenuto; per le riaperture vanno applicate serie misure sostitutive accompagnate da estremo rigore nella sorveglianza. Già sono assicurati contatti telefonici liberi e visite sorvegliate da accorgimenti adeguati; è pure garantito opportuno approvvigionamento.
Sia pertanto imposto all’inquirente il pieno rispetto della celerità. In tal senso che le forze politiche possano dedicare il proprio tempo alla ricerca delle soluzioni migliori e non a difendersi dalle sparate di destra e di manca, ma che abbia però l’accortezza di ascoltare le opinioni di chi, ciascuno dalla sua scienza, porti idee fondate e non polemiche.
*avvocato