CRONACA
Coronavirus e frontalieri, Franco Denti: "Chiudere le frontiere con l'Italia"
Il presidente dell'Ordine dei medici preoccupato per i 70'000 frontalieri che domani passeranno il confine dalle zone del contagio: "Sono molto deluso dalle autorità sanitarie federali"
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 di Andrea Leoni

Franco Denti, le regioni del nord Italia, Lombardia in primis, stanno prendendo misure pesantissime per tentare di arginare il contagio da Coronavirus. Saranno chiuse nei prossimi giorni le scuole e le università. E poi i cinema, i teatri,  gli stadi, i pub, le discoteche e interi paesi sono stati messi in quarantena. La domanda che tutti si fanno in Ticino in queste ore è la seguente: perché per i 70’000 frontalieri che domani passeranno il confine per venire a lavorare nel nostro Cantone non è prevista alcuna restrizione?
“La domanda è legittima e pertinente. Dal punto di vista medico, tenendo conto delle misure draconiane che si stanno già prendendo in Lombardia e in Veneto in queste ore, credo che potrebbe essere proporzionato introdurre una chiusura temporanea delle frontiere con l’Italia, proprio per evitare questo afflusso di 70’000 lavoratori frontalieri. Una misura che potrebbe durare 5 giorni: il tempo necessario per far stabilizzare la situazione in Lombardia e per consentire al Canton Ticino di prepararsi adeguatamente all’emergenza”.

Cosa ci manca per essere pronti?
“L’esplosione improvvisa dei contagi in Italia, oltre a prendere di sorpresa loro, ha spiazzato anche noi. La diffusione del virus è abbastanza impressionante e preoccupante. Abbiamo bisogno di qualche giorno per allestire le strutture di ricezione e per organizzare la filiera. Il sistema sanitario ticinese è all’altezza della sfida, ma ci serve un po’ di tempo per affinare l’organizzazione” 

Il blocco dei lavoratori frontalieri non comporterebbe automaticamente un blocco di alcuni settori strategici in Ticino? Penso in primis proprio al settore sociosanitario.
“È evidente che corriamo questo pericolo. Ma il pericolo di una propagazione del virus in Ticino è maggiore del rischio paralisi, soprattutto nel settore sociosanitario dove vanno tassativamente evitati i contagi tra i collaboratori. Il problema, inoltre, si porrebbe in ogni caso qualora dei lavoratori del settore fossero toccati dalla quarantena italiana, quindi impossibilitati a venire a lavorare in Ticino. Se ci fosse un blocco di questo tipo, evidentemente, bisognerebbe stringere i denti e mettere in campo uno sforzo straordinario. Ma arginare la diffusione del virus è l’obbiettivo primario”.

Le autorità federali, però, per il momento non hanno voluto mettere in campo nessuna misura straordinaria. Come se lo spiega?
“A livello cantonale si sta facendo tutto il possibile, a livello federale no. Da parte dell’Ufficio federale della sanità non c’è la capacità di contestualizzare quanto sta avvenendo a sud del Gottardo, in Ticino ma anche in Lombardia. Sono molto deluso per questa scarsa sensibilità e competenza”

Come sensibilizzare Berna?
“Confidiamo che il Consiglio di Stato sappia sensibilizzare la Confederazione rispetto alla problematica del frontalierato. Qui non c’entra niente la discriminazione, il virus non ha nazionalità. Si tratta solo di buonsenso e prevenzione. Il trattato di Schengen, tra l’altro, consente la chiusura delle frontiere in caso di emergenze sanitarie. In Consiglio Federale siede un medico ticinese, che è stato anche medico cantonale ed è specialista in sanità pubblica. Spero che Ignazio Cassis possa spiegare ai suoi colleghi la situazione particolare del nostro Cantone”.

E cosa dire, invece, ai ticinesi che negli ultimi giorni si sono recati nelle regioni toccate dal virus?
“Questi cittadini, se dovessero riscontrare sintomi influenzali, contattino subito il proprio medico di famiglia, che saprà sicuramente inquadrare la problematica”

Se non dovesse avvenire il blocco, quale altre misure possono essere prese?
“Innanzitutto abbiamo bisogno di avere informazioni dirette dall’Italia circa i focolai attualmente in corso. Chi sono queste persone e se hanno contatti con il Ticino. In seconda battuta occorre che anche le aziende facciano la loro parte, segnalando casi sospetti, anche di lavoratori frontalieri che sono attualmente in malattia con sintomi compatibili con il Coronavirus. Io stesso, con l’Ufficio del Medico cantonale, oggi ho provveduto a informare i medici ticinesi circa il protocollo da adottare già da domattina”

Cosa consiglia ai ticinesi che domattina al lavoro si troveranno fianco a fianco con i colleghi frontalieri?
“Senza cedere alla psicosi è bene evitare lo stretto contatto. Stare almeno a due metri di distanza quando si conversa per più di 15 minuti. Tossire e starnutire nel gomito. Utilizzare i fazzoletti di carta per soffiarsi il naso. E lavarsi frequentemente le mani. Un altro consiglio importante: chiunque si sente poco bene, questa volta resti a casa senza fare l’eroe”.

In Ticino potrebbero essere prese misure simili a quelle che sta adottando la Lombardia in queste ore?
“Non facciamoci prendere dal panico, però mettiamo in atto tutte le misure di prevenzione per evitare la diffusione del virus. In Ticino, presto o tardi, avremo sicuramente dei pazienti contagiati. E se questi contagi sfoceranno in un’epidemia, non si possono escludere misure draconiane come quelle che sta adottando in queste ora la Lombardia”

 

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