Riflessioni d'inizio anno sugli sviluppi della pandemia da Covid19 in Ticino e in Svizzera
di Andrea Leoni
Buon inizio a tutti. Ci eravamo lasciati lo scorso 28 dicembre con un invito alla calma e al sangue freddo e con alcune domande aperte sull’impatto di Omicron sul nostro Cantone (clicca qui). Oggi, 10 gennaio, qualche prima risposta l’abbiamo, benché parziale.
Il primo responso è che stiamo parlando di un virus molto diverso dalle varianti che lo hanno preceduto. Lo è sulla contagiosità, lo è sul periodo d’incubazione, lo è sulla capacità di “bucare” la vaccinazione e di reinfettare i guariti, lo è sui quadri clinici causati dalla malattia e a cascata sul sistema ospedaliero. Il confronto dei dati tra l’attualità e il passato è quasi fuorviante. C’è un prima e un dopo Omicron.
La nostra linea, dall’inizio della crisi pandemica, è sempre stata chiara: va fatto tutto il necessario per proteggere gli ospedali e per salvare vite umane. Il resto viene dopo. Non abbiamo cambiato idea: l’obbiettivo è sempre lo stesso e ogni misura messa in campo, a nostro avviso, deve perseguire questo scopo, non altri. Troveremmo del tutto irragionevole, ad esempio, un lockdown frutto di una politica delle quarantene esagerata o un obbligo vaccinale per una patologia che non impatta in modo insostenibile sul sistema sanitario e, di conseguenza, sull’economia.
E allora da qui ripartiamo, dagli ospedali. La buona notizia è che dal 27 dicembre (14 ricoverati) ad oggi (15 ricoverati) l’occupazione delle cure intensive è rimasto stabile, con piccole oscillazioni, nonostante l’esplosione dei contagi. Solo questo dato ci dice che siamo di fronte a una malattia diversa e che tutti gli sforzi che sono stati fin qui messi in campo (in primis il vaccino), stanno portando benefici tangibili. Preoccupante per contro è il saldo degli ospedalizzati, riferito allo stesso periodo temporale (due settimane), che segna un +71. Una crescita non sostenibile anche solo se si replicasse ogni 14 giorni e che produrrebbe uno scenario da incubo nel caso dovesse peggiorare. Per fare valutazioni più precise su questo dato occorrerebbero però maggiori informazioni sui 178 pazienti ricoverati attualmente in Ticino. Quanti sono stati colpiti da Omicron e quanti da Delta. Quali sono i tempi di degenza media per chi contrae il virus con la nuova variante. Quanti sono i ricoverati “con” il Covid e quanti “per” il Covid. Il saldo giornaliero tra entrate e uscite. I quadri clinici: è confermato che Omicron attacca molto meno i polmoni?
A livello internazionale studi scientifici con dati sempre più solidi, confermano pressoché giornalmente che l’ultima versione del Covid produce una malattia - per i vaccinati, in particolare per chi ha fatto la dose di richiamo - assai meno severa di Delta. Anche il tasso di letalità è minore. In Ticino non si hanno informazioni che smentiscano questa tendenza ancora provvisoria. Il problema che abbiamo di fronte è quindi diverso da quello del passato: non più l’intasamento delle cure intensive, non più il salvataggio di centinaia di vite, ma l’ingolfamento dei reparti con conseguenze facilmente immaginabili sul personale e su tutti gli altri ammalati bisognosi di cure.
A ridosso del Capodanno, il mondo sanitario ticinese aveva rivolto aspre critiche al Consiglio Federale. I nostri medici reclamavano dal Governo misure più severe per evitare il peggio: un lockdown parziale, sostanzialmente. Pur nella piena comprensione della fatica immane sopportata in due anni di pandemia e nella totale consapevolezza della responsabilità gravosa che porta sulle spalle la nostra cellula sanitaria nel dover garantire il funzionamento del sistema ospedaliero, per la prima volta le motivazioni addotte dai clinici ticinesi ci hanno lasciato dubbiosi. Crediamo che il Consiglio Federale abbia fatto bene a temporeggiare, in attesa di capirne di più su Omicron. Le misure messe in atto dalla Svizzera, benché adottate con grave ritardo, non sono irrilevanti e, a guardar bene, neppure tanto dissimili dalla maggioranza dei Paesi europei. Più che invocare nuovi confinamenti, bisognerebbe insistere con molta più determinazione sulla campagna della terze dose, con la richiesta che venga accorciato a sei mesi la durata del certificato Covid, con l'introduzione delle mascherine FFP2 in tutti gli spazi chiusi. A proposito di mascherine: prima d’imporla alle elementari (misura di difficile comprensione), andava per l’appunto imposta agli adulti la FFP2. E su questo il Consiglio di Stato poteva agire motu proprio.
Un’altra evidenza è che Omicron corre troppo più veloce di noi. Non si può fermare. Comanda il virus, ancora una volta e noi dobbiamo adeguarci. Siamo già, con ogni evidenza, in una fase di mitigazione. Per questo riteniamo che sia giunto il momento di chiudere il “tamponificio Ticino”, così come di rivedere le politiche di quarantena, mentre il contact tracing è già andato a pallino. Tali misure potevano infatti avere un senso nell’ottica di un’interruzione delle catene di contagio, mentre oggi appaiono certamente superate, se non addirittura controproducenti, quantomeno per il dispendio di mezzi e di energie.
Il tampone andrebbe fatto solo ai sintomatici conclamati e possibilmente su indicazione del medico. Mentre per i confinamenti individuali ci sentiamo di condividere la proposta della Consigliera di Stato UDC del Canton Zurigo Natalie Rickli, che ha proposto di ridurre a 5 giorni la quarantena e gli isolamenti. A nostro avviso si potrebbe fare anche un passo in più: stop alle quarantena per i vaccinati con doppia dose, in caso di assenza di sintomi nelle 48 ore successive al contatto stretto. E stop all’isolamento per i positivi che hanno ricevuto una dose booster, in assenza di sintomi o fino alla loro scomparsa. Stiamo lasciando a casa troppa gente sana e per troppo tempo.
Nelle prossime settimane affronteremo un altro step importante: che effetto epidemiologico avrà la ripresa della scuola e di tutte le attività lavorative dopo le vacanze? Occorre mantenere la massima prudenza, correre a fare la terza dose e rimettersi ai dati e alle nuove conoscenze scientifiche, senza pregiudizi.
Ma se venisse ulteriormente confermato che Omicron produce una malattia diversa, sarà indispensabile mettere in campo alla svelta approcci e misure diverse da quelle del passato. Perché forse siamo finalmente arrivati a un periodo di convivenza possibile con il virus. Sarebbe una splendida notizia.