La toccante testimonianza del locarnese Francesco Piffero raccontata da LaRegione
LOCARNO - La Regione racconta oggi, in un servizio firmato dalla collega Simonetta Caratti, le storie di quattro ticinesi non vaccinati – per scelta o perché il siero non era ancora disponibile - che sono passati attraverso la dura esperienza del Covid. Particolarmente toccante è quella del locarnese Francesco Piffero, che ha vissuto l’incubo dell’intubazione: 56 anni, fisico robusto, è stato intubato per un mese all’Ospedale La Carità, rimanendo sospeso tra la vita e la morte.
“Non sono un no vax, ma ho una tempra forte, lavoro anche 10 ore al giorno senza sentirmi stanco, non pensavo di ammalarmi – ha raccontato Piffero -. ‘Sono un Alfa’, dicevo agli amici scherzando. Un Alfa non prende il Covid. Invece, ci ho quasi rimesso le penne mettendo in difficoltà la mia famiglia. Ho sbagliato, come è successo a me, può succedere a chiunque. Non sottovalutate questo virus”.
A metà luglio dello scorso anno il 56enne, che lavora nella ristorazione, ha iniziato ad avere un po’ di febbre e una tosse secca. Il tampone è risultato positivo e, nel giro di pochi giorni la situazione è peggiorata. “Faticavo a respirare, a muovermi, mi sembrava di pesare 200 chili”, ha raccontato l’uomo. Ricoverato in ospedale, nonostante l’ossigeno, la sua insufficienza respiratoria non migliorava: “Dormivo molto. Poi un medico mi ha svegliato, dicendomi: ‘La dobbiamo intubare’. Sapevo che 3 su 4 non ce la fanno”. Altrimenti? “Altrimenti lei muore, gli ha risposto il medico.
“Dentro ero sereno, avevo fiducia nei sanitari – ha aggiunto -. Hanno deciso di fare una tracheotomia, un foro alla base del collo per far arrivare l’aria ai polmoni. Ero tenuto in vita dalle macchine”.
Piffero è rimasto in coma farmacologico per un mese: “Ero in balia di allucinazioni, vedevo mostri, parenti e amici deceduti. Subivo tutto, è stato terribile”.
Poi, il 24 agosto è stato estubato: “Ero molto confuso, ancora tormentato dagli incubi del coma farmacologico”. Non riusciva più a parlare e nemmeno a muovere le braccia: “Comunicavo con gli occhi, ero nutrito da una sonda. Ho perso 15 chili e tutta la muscolatura, non stavo in piedi. È incredibile come si debilita il corpo”.
Piffero esprime riconoscenza a medici e infermieri che gli hanno salvato la vita. A fine agosto è stato dimesso dall’ospedale in carrozzella e ha iniziato una lunga riabilitazione alla clinica Hildebrand di Brissago, e solo il 3 ottobre ha potuto tornare a casa. Ma solo da qualche settimana ha ripreso a lavorare a tempo parziale: “Dopo 6 mesi, ho ancora dolori ovunque, non riesco a concentrarmi per più di qualche ora, sono molto stanco. Ho rischiato di lasciare soli i miei figli. Ho lottato anche per loro”.