“I rustici rappresentano un elemento importante, accanto alle strutture alberghiere e ai campeggi, in ambito turistico. E il turismo è uno dei pilastri della nostra economia. Non poterlo sfruttare penalizza le già svantaggiate regioni periferiche"
di Felice Dafond*
Del tema rustici si continua a parlare ma non si riesce mai a tirare in gol. Sembra uno sterile gioco di melina tra difesa e centrocampo, un Tiki-taka alla Barcellona di qualche anno fa, ma a noi manca un Leo Messi. E chi ci va di mezzo sono i nostri cittadini, i proprietari dei rustici che sorgono fuori zona edificabile.
Prendo spunto da una dichiarazione del deputato PLR Aron Piezzi, uscita qualche giorno fa sulla Regione: “Confederazione e Cantone non capiscono che così facendo finiscono per non considerare con la dovuta attenzione e sensibilità un settore che meriterebbe ben altro approccio dalle autorità avendo un potenziale turistico affatto secondario”. Ed ha perfettamente ragione!
Ma veniamo al problema. Il deputato valmaggese aveva presentato a metà giugno - insieme al collega Luca Renzetti - un’interrogazione al Consiglio di Stato con la quale chiedeva chiarezza sulla possibilità di utilizzare i rustici a scopo turistico. In particolare, Piezzi e Renzetti ricordavano al Governo che quando il Gran Consiglio ha approvato la registrazione sistematica delle residenze secondarie affittate ad uso turistico per permettere la riscossione della tassa di soggiorno, ha posto una condizione: che la nuova normativa non si trasformasse in un ostacolo all’offerta di alloggi turistici. Ed è chiaro a tutti che i rustici rappresentano un elemento importante, accanto alle strutture alberghiere e ai campeggi, in ambito turistico. Come è chiaro che il turismo è uno dei pilastri della nostra economia.
Tutto bene, dunque? E no, perché il 10 agosto il Governo ha inviato una comunicazione ai Comuni sul tema, che a livello cantonale è di competenza di due Dipartimenti: Territorio ed Economia. Comunicazione di cui ha dato conto la Regione il 15 settembre in un servizio dedicato ai rustici situati fuori zona edificabile. Il nocciolo della questione è il seguente: per affittarli a scopo turistico, anche solo per periodi brevi e al di sotto dei 90 giorni all’anno, i proprietari devono obbligatoriamente inoltrare al Comune una domanda di costruzione volta a verificare la possibilità di un cambio di destinazione da abitazione secondaria a turistica. Il che comporta non solo costi amministrativi per i proprietari, ma anche nuovi eccessi burocratici per Comuni e Cantone che dovranno verificare la conformità dei rustici dal profilo edilizio e turistico. Con il rischio finale di sanzioni economiche ai proprietari. Insomma, oltre al danno, la beffa!
Il Cantone è stato chiaro: la possibilità di affittare rustici a scopo turistico andranno valutate “in base alle severe disposizioni federali concernenti la costruzione al di fuori delle zone edificabili”, e le autorizzazioni “potranno essere concesse solo in casi eccezionali”. Insomma, come Ticino abbiamo un patrimonio architettonico e paesaggistico invidiabile, ma non possiamo sfruttarlo appieno dal profilo economico e turistico. Il che - va da sé - penalizza soprattutto le regioni periferiche e le Valli, già pesantemente svantaggiate da innumerevoli fattori.
Piezzi ha sottolineato che la possibilità di trascorrere una vacanza nei rustici è un’opportunità per quella fascia sempre più ampia di turisti che cercano esperienze legate alla sostenibilità, alla natura, e al benessere psicofisico. E quei turisti portano valore anche a grotti, ristoranti, piccole realtà economiche locali, negozi di paese, produttori di specialità alimentari del territorio...
Il Consiglio di Stato sembra condividere, a parole, queste preoccupazioni, ma in pratica? Capisco che il Cantone si trova a dover fare il boia e l’impiccato in una materia giuridicamente e burocraticamente molto complessa, nella quale si intrecciano competenze locali e federali, e con due Dipartimenti coinvolti, ma è legittimo attendersi dal Governo una posizione ferma a difesa di una realtà che funzionari e politici bernesi faticano evidentemente a comprendere, salvo poi essere spesso i primi ad apprezzare l’unicità del patrimonio storico e architettonico delle nostre Valli.
È legittimo attendersi che a questo punto il Consiglio di Stato tiri fuori le unghie. La pianificazione territoriale, fortemente restrittiva e confezionata sulle grandi realtà svizzere, pone dei problemi circa l’accettazione di attività di locazione turistica di minimo impatto come sono i rustici fuori zona edificabile. Berna lascia poco spazio a interpretazioni delle norme federali in materia, ma Bellinzona non si oppone. Almeno così pare. E, ancora una volta, a subirne le conseguenze sono i ticinesi che hanno saputo salvaguardare negli anni i loro rustici e che meritano sicuramente più attenzione e rispetto.
* Candidato PLR al Consiglio nazionale