Il presidente dell'Ordine commenta la sentenza del Tribunale federale che ha bocciato l'obbligo della seconda lingua nazionale per i medici
LUGANO - “Sono deluso anche se un po’ me l’aspettavo….”. Sospira Franco Denti quando lo raggiungiamo per un commento sulla sentenza del Tribunale Federale che, accogliendo il ricorso presentato dall’EOC e da due cliniche private, ha cancellato l’obbligo, iscritto nella nuova legge sanitaria, di conoscere due lingue nazionali per poter svolgere professioni mediche universitarie in Ticino.
Il presidente dell’Ordine dei medici, quando ancora sedeva in Gran Consiglio, era stato tra i principali sostenitori di questa norma protezionista. Lo scopo era infatti quello di frenare professionisti provenienti dall’Italia. Pur nella consapevolezza che il nuovo “codicillo” portasse in grembo delle controversie giuridiche, Denti rivendica le motivazioni che spinsero il Parlamento ad adottarlo: “Se si vuole fare carriera accademica nel nostro Paese, occorre comunque trascorrere una parte dell’esistenza professionale in Svizzera tedesca o francese. E se l’inglese può essere considerata la lingua della medicina, soprattutto per la ricerca, conoscere due lingue nazionali è il minimo per ogni professionista svizzero. Per questo, a mio avviso, non vi era alcuna discriminazione. Tra l’altro anche il compendium dei medicamenti è scritto in francese e tedesco, quindi…”.
Detto questo, secondo il presidente dell’OMCT, il mondo post Covid19 cambia (o dovrebbe cambiare) le prospettive di questa sentenza: “Io credo che proprio i mesi che abbiamo appena vissuto hanno messo in evidenza la necessità di formare maggiormente medici e infermieri nelle università e nelle scuole svizzere. Quindi occorre assolutamente abolire il numero chiuso, ancor di più dopo questa la sentenza”.
“Non possiamo continuare - argomenta ancora Denti - a spremere il sistema sanitario italiano, portandogli via i medici che loro formano, soltanto perché siamo un Paese più ricco. Anzi il fatto che siamo un Paese ricco fa risultare ancora più arrogante il nostro comportamento. Bisogna assolutamente spronare la Svizzera ad assumersi l’onore e l’onere di formare più personale”.
“La sentenza - ragiona il presidente dei medici ticinesi - arriva anche in un momento in cui a livello federale si sta discutendo la nuova moratoria, per cui sarà data delega ai cantoni di pianificare anche la medicina ambulatoriale. E questo metodo dovrebbe essere esteso anche agli ospedali. Significa che se ad esempio ci sono troppi cardiologi, il Cantone potrà stringere con le autorizzazioni. E viceversa”.
Infine, una battuta sul fatto che il ricorso sia stato inoltrato dall’EOC e da due cliniche private ticinesi: “Si tratta d’interessi aziendali legittimi che, in questo caso specifico, a mio avviso non coincidono con quelli del sistema sanitario ticinese”.