CORONAVIRUS
Tutto aperto l'11 maggio? Denti: "In Ticino non si può. Il Governo chieda una nuova finestra di crisi"
Il presidente dell'Ordine dei medici: "Berna ha cambiato strategia, dobbiamo farlo anche noi. Ok i negozi l'11 maggio, ristorazione 14 giorni dopo e scuole a settembre"

LUGANO - “Sono atterrito”, sospira Franco Denti quando lo contattiamo per un commento sulle riaperture decise dal Consiglio Federale per l’11 maggio. “Si tratta di un piano inapplicabile in Ticino - dice subito il presidente dell’Ordine dei medici - a meno che non si voglia correre il rischio di buttare al vento tutti i sacrifici fatti dai ticinesi finora”.

“Quello che più mi sconforta - spiega Denti - è che questi allentamenti scriteriati, sono stati decisi proprio nella giornata in cui il Politecnico di Losanna ha messo in guardia l’intero Paese sulle gravi conseguenze che possono provocare delle aperture affrettate” (leggi articolo correlato).

Il cambio di strategia da parte del Consiglio Federale, secondo il rappresentante dei medici ticinesi, impone di rivedere i piani anche al Consiglio di Stato. “In Ticino abbiamo adottato la saggia politica dei piccoli passi. Abbiamo soppesato le aperture nelle aziende e nei cantieri passando, di settimana in settimana, da 5 a 10 a 15 operai. Sulla base del precedente piano che ci aveva prospettato la Confederazione, con aperture e scadenze assai più ragionevoli e compatibili con la nostra situazione, avevamo detto che potevamo conformarci con il resto del Paese, senza chiedere ulteriori eccezioni. Ma a questo punto, visto che le carte in tavola sono radicalmente cambiate, il Governo ticinese deve chiedere a Berna una nuova finestra di crisi”.

“D’altra parte - ragiona Denti - anche negli altri Paesi si fa sempre più strada la linea degli allentamenti sul piano regionale. Sara così in Francia e in Spagna. E lo stesso dovrebbe accadere in Italia, secondo le ultime notizie. Non a caso i tre Paesi maggiormente toccati dalla pandemia. Noi in Ticino abbiamo avuto la stessa ondata epidemica della Lombardia, con oltre 3’000 contagi e quasi 320 morti. Un dato che purtroppo in questi giorni alcuni sembrano già aver dimenticato. A fronte di questo quadro è evidente che non possiamo avere le stesse tempistiche nelle aperture del Canton Sciaffusa o di Argovia. Piuttosto dobbiamo tendere ad allinearci con la Lombardia, dove la ristorazione aprirà non a caso il primo giugno. Quindi, ribadisco: il Consiglio di Stato dovrebbe chiedere una nuova finestra di crisi affinché in Ticino si possa procedere con tempi più prudenti rispetto al resto della Svizzera”.

Cosa immagina? “Teniamo pure buona l’apertura dei negozi l’11 maggio, ma da quella data aspettiamo almeno 14 giorni, il tempo d’incubazione del virus, prima di procedere con bar e ristoranti. È purtroppo necessario osservare nel tempo gli effetti degli allentamenti sulla curva epidemica, prima di procedere a nuove aperture. Altrimenti, se ci scappano di mano ancora i contagi, dovremo procedere a un nuovo lockdown. E allora i ticinesi passeranno l’estate chiusi in casa”. 

Ma il settore della ristorazione rischia di finire soffocato da questa crisi: “Lo capisco ma se l’11 maggio riapriamo tutto, il rischio di un nuovo lockdown è altissimo. E allora sì che la ristorazione andrebbe incontro al disastro definitivo. Anziché affrettare le riaperture, bisognerebbe sostenere questo settore con ben altri strumenti rispetto a quelli messi in campo finora. Penso innanzitutto a contributi a fondo perso e al pagamento delle pigioni da parte dello Stato, così come accade nel Canton Vaud”.

E le scuole? “Questa è l’unica buona notizia che è arrivata da Berna. Il Consiglio Federale ci ha infatti concesso, senza condizioni, di poter scegliere in autonomia sull’apertura delle scuole dell’obbligo. A questo punto spero che il Governo colga al volo l’opportunità di riaprire in settembre, in sicurezza, con una finestra di sperimentazione in classe solo per gli allievi a fine ciclo, quinta elementare e quarta media”.

AELLE 

 

 

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