CRONACA
Regazzi racconta la sua caccia allo stambecco. Parola d'ordine: 'Cherchez la femme'...
Il presidente dei cacciatori: "La caccia non è soltanto uccidere animali. È anche tutto quello che gira attorno a battute di questo tipo che la rende una disciplina fantastica"

Si chiama caccia selettiva allo stambecco. E non è per nulla un gioco da ragazzi. Ma da Regazzi sì, scusate il gioco di parole. Il presidente dei cacciatori ticinesi, nonché consigliere nazionale, Fabio Regazzi, per l’appunto, è infatti reduce da due giorni impegnativi ma entusiasmanti sulle montagne verzaschesi. Gli abbiamo chiesto di raccontarci questa avventura e di mandarci qualche foto…

 

“Siamo saliti domenica mattina a buon’ora al rifugio Alpe Costa, in alta Valle Verzasca, precisamente in Val d’Efra, ai piedi del pizzo Cramosino e del pizzo Madon Gröss – dice a liberatv -. Siamo partiti da Frasco, io e due amici: Stéphan Chiesa e Milko Valsangiacomo”.

La salita è stata dura, oltre due ore, con mille metri di dislivello, con il sacco e il peso del materiale sulle spalle, fucili, vettovaglie e quant’altro. Ma poco dopo aver depositato le loro cose al rifugio i tre amici sono ripartiti alla volta del pizzo Cramosino, che sfiora i 2'800 metri di quota.

 

“Era una giornata fantastica e da lassù vedi tutta la Leventina. Davvero meraviglio, ma alla sera eravamo stanchissimi – racconta Regazzi -. Siamo saliti per un giro di ricognizione, però di stambecchi nemmeno l’ombra. Poi nel pomeriggio ci ha raggiunto un altro amico cacciatore”.

Ma quali sono le regole della caccia allo stambecco?

“Sono molto rigide. Ogni cacciatore ha il permesso di uccidere un solo capo, che viene assegnato a sorteggio. A me quest’anno è toccata una femmina senza il piccolo. Anche la zona è obbligata, e circoscritta su una cartina. Da lì non puoi uscire”.

Insomma, nel suo caso potremmo dire “cherchez la femme”…

“Diciamo che ci può stare. Solo che la femmina non l’ho proprio trovata. La caccia alle femmine è la più difficile, perché sono malfidenti e scaltre, anche se lo stambecco maschio rimane la preda più ambita”.

Deluso?

“Beh, un po’ sì, non posso negarlo, anche se ho ancora a disposizione due giorni: sabato e domenica si torna sui monti”.

Deluso ma felice, si direbbe però dalla sua voce…

“Assolutamente felice, nonostante il clima poco clemente. Lunedì era una giornata terribile, e se domenica eravamo a torso nudo a 2'800 metri, il giorno dopo si gelava. Un classico tempo da lupi, con vento e bufera e nevischio portato. Poi nel pomeriggio la situazione è leggermente migliorata e siamo usciti per la caccia. All’amico che era salito domenica pomeriggio è andata bene: ha potuto prendere il suo stambecco, un maschio di circa un anno e mezzo. Lunedì verso sera sono uscito ancora per un giro di ricognizione e ho visto cinque stambecchi, ma in un attimo sono svaniti dietro le rocce”.

E ieri, martedì, era l’ultimo giorno a disposizione in questa prima tornata di caccia...

“Esatto, e l’aria era veramente gelida, siamo risaliti in quota e abbiamo visto altri stambecchi, ma non c’era la femmina che cercavo… Magari mi rifarò. In ogni caso sono state tre giornate indimenticabili, al di là del fatto che non sono riuscito a coronare l’obiettivo, e al di là del clima. La compagnia era bellissima e lo dico affinché i profani capiscano che la caccia non è soltanto sparare e uccidere animali. È anche tutto quello che gira attorno a battute di questo tipo che la rende una disciplina fantastica: la fatica, i panorami, le cene in capanna, le chiacchierate con gli amici… Certo, è stata una sfacchinata, ma quella allo stambecco è una caccia dove devi far fatica e avere dimestichezza con zone impervie, perché spesso cammini al di fuori dei sentieri tracciati. Siamo scesi stanchi ma felici, anche senza la ciliegina sulla torta”.

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