CRONACA
Argo 1, il Procuratore Generale Pagani lo spiega all'italiana: "Il fatto non sussiste"
Il capo della Procura ha incontrato oggi la stampa per spiegare le ragioni che lo hanno portato ad assolvere i due ex funzionari del DSS e i responsabili di Argo 1.

BELLINZONA - Il fatto non sussiste. Andrea Pagani ha utilizzato una formulazione “all’italiana” per spiegare i motivi per i quali ha deciso di abbandonare il procedimento penale, per quanto attiene i reati di corruzione, aperto nei confronti dei responsabili di Argo 1, Marco Sansonetti e Davide Grillo, e dei due ex funzionari del DSS, Claudio Blotti e Renato Scheurer.

Il Procuratore Generale ha convocato questa mattina a Bellinzona i giornalisti, dopo che ieri sera ha intimato alle parti l’annunciato decreto di abbandono. Decreto verso il quali tutte le parti interessate - compreso il Governo che aveva il ruolo di accusatore privato - non hanno ritenuto di obbiettare alcunché.

In una mezz’oretta di intervento, Pagani ha ripercorso le tappe salienti dell’inchiesta. Inchiesta lunga, laboriosa, ereditata dall’ex PG John Noseda. Un’indagine che mirava a chiarire alcune criticità, in particolare l’attribuzione del mandato ad una nuova società (senza dunque esperienze e requisti); la mancanza di un pubblico concorso e l’assenza di una risoluzione governativa e di controlli.

Tutti elementi, ha spiegato il magistrato, che hanno fatto sorgere il fondato sospetto che potessero essere stati commessi reati di natura corruttiva, tra i funzionari e i responsabili di Argo 1. 

“Per dirla con un termina all’italiana - ha detto Pagani in conferenza stampa - il fatto non sussiste per quanto attiene i reati di corruzione. E questo lo possiamo affermare sulla base del lavoro d’inchiesta che ha portato a svolgere a carico degli indagati perquisizioni bancarie, l’esame della documentazione fiscale, l’analisi della posta elettronica, il sequestro di documenti a seguito di perquisizioni a domicilio. Inoltre sono state interrogate cinque persone, tra le quali anche chi adombrava il dubbio che potessero essere girate mazzette. Ma anche chi ha agitato tali sospetti ha ammesso che gli stessi non erano corroborati da alcunché di oggettivo”.

 
Diversa, più importante e complessa, è invece la motivazione che ha portato all’abbandono per quanto riguarda il reato di infedeltà nella gestione pubblica. “È indiscutibile - ha affermato Pagani - che le procedure di conferimento del mandato, siano state viziate da carenze di natura amministrativa, che non tocca comunque alla procura sviscerare. Questo lavoro è stato già fatto dal perito del Governo Marco Bertoli, dal Controllo cantonale delle finanze e lo sta svolgendo anche la Commissione parlamentare d’inchiesta”.

 
“La scelta di Argo 1 - ha proseguito il Procuratore Generale - è avvenuta in base a impressioni superficiali e soggettive, è stata sottovalutata l’impreparazione della nuova società e l’economicità dei costi, che dovevano apparire come difficilmente sostenibili. Pacifico è anche il fatto che il mandato doveva essere sottoposto a una risoluzione governativa. Ma, come prescrive una sentenza del Tribunale Federale di circa un anno fa, non basta per perseguire il reato di infedeltà nella gestione pubblica un comportamento del funzionario pubblico sconveniente o inqualificabile, ma ci vuole una violazione che scuota profondamente e considerevolmente la fiducia del cittadino nell’imparzialità e nell’integrità della pubblica amministrazione. Inoltre è necessario che sia provata l’intenzionalità di violare la legge”

 
In tal senso, ha concluso Pagani, "l’inchiesta ha appurato che i funzionari non avevano interessi in gioco, neppure per quanto attiene l’ipotesi di sfavorire i concorrenti di Argo. Quando hanno agito, nel 2014, pur in violazione di determinate norme, erano convinti di lavorare a favore degli interessi del Cantone, non contro. Quindi non è possibile, in assenza di movente, riscontrare un loro comportamento doloso”.

 

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