La versione del presidente della Lombardia sugli oltre 5 milioni depositati in un paradiso fiscale è piena di contraddizioni e incongruenze
ITALIA – I conti non tornano. Continua la bufera attorno al governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, sempre più nel mirino dei magistrati in merito all’inchiesta volta a fare luce sulla fornitura di camici e altro materiale alla Dama Spa – gestita dal cognato Andrea Dini – di cui la moglie Roberta Dini detiene il 10%.
L’accusa per Fontana è di “frode in pubbliche forniture”. Al presidente della Regione Lombardia verrebbe contestato un tentato versamento alla Dama spa da un proprio conto in Svizzera, sul quale nel 2015 aveva fatto uno “scudo fiscale” per 5,3 milioni.
La ricostruzione
Riavvolgendo il filo, si scopre che la fornitura di camici era stata commisionata il 16 aprile dalla centrale acquisti regionale alla Dama con affidamento diretto. E quindi senza ‘rivali’. In maggio, una volta venuta a galla la storia dopo il servizio di Report, Dini ha deciso di trasformare la vendita in donazione.
Secondo la ricostruzione, il governatore lombardo tentò di bonificare alla Dama 250mila euro, ovvero gran parte del mancato profitto al quale il cognato sarebbe andato incontro facendo l'unilaterale gesto di tramutare in donazione alla Regione l'iniziale vendita dei 75.000 camici e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati. E, stando all'inchiesta, non tutti i camici sarebbero stati consegnati.
I conti alle Bahamas e in Svizzera
È sul conto in Svizzera e alle Bahamas intestato ai genitori che si sta concentrando l’inchiesta. In un’intervista a La Repubblica, Fontana attribuisce ai genitori le responsabilità dei fondi in un paradiso fiscale, alle Bahamas, emerso dalle carte dell’inchiesta sulla fornitura dei camici. “All’epoca – dice – andava di moda aprire un conto all’estero e questa tendenza venne seguita dai miei genitori. I miei hanno sempre pagato le tasse, mio padre era dipendente della mutua, mia madre una super fifona, figurarsi evadere. Non so davvero dirle perché portassero fuori i loro risparmi. Comunque era un conto non operativo da decine di anni. Penso almeno dalla metà degli anni Ottanta”.
Insomma, il patrimonio ereditato dall’attuale presidente della Regione Lombardia alla morte del padre (prima) e della madre (poi), si trovava su quel fondo estero. Non per sua volontà, ma per una decisione presa diversi anni prima dai genitori. Poi il trasferimento sul fondo svizzero e l’utilizzo del voluntary disclosure per poterli riportare nel nostro Paese, come prevede l’ultimo aggiornamento di legge.
L’importanza delle date
Le date hanno la loro importanza. I documenti mettono in risalto che, nel 1997, la madre di Fontana, ha aperto il primo conto estero e ha affidato al figlio la procura. In quell’anno, il leghista era sindaco di Induno Olona da due anni. E qui la prima contraddizione. Come è possibile che un conto “non operativo dalla metà degli anni Ottanta” a essere stato aperto alle porte del nuovo millennio?
C’è di più. Nel 2005 il patrimonio presente sul conto aperto otto anni prima, è stato trasfertio in un secondo deposito collegato al trust Montmellon valley, con sede a Nassau, la capitale delle Bahamas. Di questo nuovo conto intestato, sempre alla madre, Fontana era indicato come erede beneficiario.
I documenti mostrano che tra il 2009 e il 2013 ci sono stati movimenti sul conto che erediterà Fontana. Nel 2009 la cifra è di oltre 4 milioni e mezzo. Cifra cresciuta di 129mila euro l’anno successivo. Alla fine del 2013 sul conto giacciono 4.734.478 milioni, quasi 200mila euro in più rispetto al 2009. Cifre comunque inferiori ai 5,3 milioni ereditati da Fontana e regolarizzati nel 2015 con la voluntary disclosure.
All’epoca dell’altalena di movimenti bancari, Fontana era sindaco di Varese mentre la madre una dentista di 90 anni. Movimenti e cifre che mettono in evidenzia come più che un conto “non operativo” parliamo di un conto parecchio attivo. La domanda sorge spontanea: possibile che Fontana fosse all’oscuro delle mosse finanziarie della madre novantenne?