La sciatrice ticinese: "Udine? Scelta di cuore, ma la nostra base è in Svizzera. Abbiamo tutti una media di quattro ore al giorno al telefono e non ne troviamo una per andare in palestra..."
SVIZZERA – Lara Gut-Behrami sta vivendo un buon periodo di forma sugli sci. È tornata al top, ma Lara non è mai cambiata. Intervistata da Sportweek, la sciatrice elvetica si è raccontata in un'intervista che mette in risalto i valori umani. E parte proprio da qui: "Nello sport vendiamo tanto il mito degli eroi e dimentichiamo il lato umano. Non ti rendi conto di cosa sia la pressione finché non la vivi".
"A 17 anni non volevo parlare dei miei obiettivi. Un giornalista svizzero mi massacrò: scrisse che ero una stronza antipatica. La settimana dopo, durante una gara, ebbi la sensazione che per tutta la Svizzera fossi quel tipo di persona. Entrai in un meccanismo di paranoia solo perché, forse, un giornalista aveva avuto una settima pessima ed ero diventata la sua valvola di sfogo".
Lara ha imparato ad approcciare la sua professione con più tranquillità grazie anche al marito Valon Behrami. "Vivevamo cose simili. Io arrivavo da un infortunio e non mi riconoscevo più. Lui mi ha aiutato. Ha imparato a farmi accettare l'idea che ci fossero dei giorni in cui non mi sentivo in piena fiducia. Così mi sono sentita più sicura, non più debole".
Nel 2018, Lara Gut ha deciso di abbandonare i social. "Ci sono cose che si possono controllare ed altre no. Da quando ho conosciuto mio marito ho ripreso in mano la mia vita. Gli atleti vivono in un mondo illusorio, ma la vita vera è un'altra. Ci ho messo un po' a capire cosa mi poteva fare bene o male. Ad oggi, è stata la scelta migliore che potevamo fare".
E ancora: "Perché viviamo a Udine? Scelta di cuore. È stata la nostra prima città insieme. A Udine ho trovato la pace che cercavo. Facciamo base prevalentemente in Svizzera però: Valon lavora lì vicino e le figlie vivono poco distanti. Voglio lanciare un messaggio agli adolescenti che hanno abbandonato lo sport? No, il messaggio è per i genitori. I bambini sono malleabili, si adattano. A loro è stato impedito per due anni di fare ciò che normalmente fanno, saltare, correre, buttarsi nel fango. È più semplice mettere loro un telefono in mano mentre noi ci facciamo gli affari nostri al ristorante. Mio marito ha due bambine, mi è capitato di andare al parco e di sentire mamme dire 'oddio, ti sporchi', 'oddio, guarda che cadi'. Ma se non diamo loro la possibilità di cadere, di sporcarsi, di capire che uno scalino è troppo alto... Siamo noi i primi ad aver cambiato le nostre abitudini. Tre palestre su 600 in Svizzera hanno gli stessi numeri di prima. E sono gli adulti ad andare in palestra, non i bambini. Abbiamo tutti una media di quattro ore al giorno al telefono e non ne troviamo una per andare in palestra e per portare i bambini al parco".