Elisa Esposito, 21 anni, famosa per le sue lezioni di “Corsivo” in dialetto milanese ha replicato a chi le consigliava di smetterla e di andare a lavorare, e...
MILANO - “Se voi guadagnate con uno stipendio normale sui 1.300 euro al mese la colpa è vostra, non mia”. Una frase affidata a TikTok ha scatenato la bufera su Elisa Esposito, 21 anni, famosa per le sue lezioni di “Corsivo” in dialetto milanese. L’influencer ha replicato a chi le consigliava di smetterla e di andare a lavorare. Per la cronaca, parlare “in corsivo” è un modo goliardico di comunicare. Consiste nell’allungare le vocali e pronunciare le parole come una cantilena. Così la “professoressa” ha spiegato il suo modo di parlare, che “si utilizza sui social, ma anche per scherzare tra amici”.
“Sono nata e cresciuta con genitori che hanno un lavoro umilissimo – ha aggiunto la ragazza -. L’Italia non ha colpe, la colpa non è di nessuno se non di voi stessi. Siete voi che decidete il vostro percorso di studi e di vita”. Nel mirino della Esposito i ragazzi di oggi che si lamentano del lavoro precario e di non venir sostenuti dallo Stato.
“Io la scuola l'ho conclusa, ho il diploma. La mia prima apparizione in tv l'ho fatta nel periodo degli esami. Ho preso un diploma di estetica, io volendo in futuro posso aprirmi un centro estetico – ha proseguito la tiktoker -. Potrò campare di quello. Quindi non venite a dirmi che una volta finita la mia carriera sui social io non farò niente, non ho paura per il mio futuro. Tante persone mi augurano anche il male, il fallimento. Questo perché vi rode che a 19 anni una ragazza così giovane ha cominciato a guadagnare tutti questi soldi. È la verità, aprite gli occhi. Se adesso guadagno quello che guadagno è solo grazie a me stessa, non ho chiesto aiuto a nessuno. Mi sono costruita letteralmente tutto da sola”.
La ragazza, che lavora anche sulla piattaforma di Onlyfans, ha poi concluso: “Non pensate che la vita da influencer sia facile come vedete, perché dietro ogni video c'è un lavoro lungo, ci facciamo il cu** anche noi, ovviamente meno rispetto a chi lavora in fabbrica”.