Don Gianfranco Feliciani: "Le discriminazioni non sono finite, anzi, in questo nostro tempo travagliato l’odio sembra espandersi sempre di più. Non abbiamo imparato proprio nulla dalla storia"
*Di Don Gianfranco Feliciani
Proprio per aiutarci a non dimenticare i fatti importanti della storia, sul calendario sono segnate alcune Giornate che ce li ricordano. In modo particolare, il “Giorno della Memoria” per eccellenza si celebra il 27 gennaio. È stato voluto dall’Onu nel ricordo dei milioni di vittime della Shoah (o Olocausto), ossia lo sterminio soprattutto di ebrei compiuto dalla dittatura nazista durante la seconda guerra mondiale. Un fatto di una disumanità orribile che non dobbiamo assolutamente scordare, affinché non si ripeta mai più. “Mai più”: è proprio questa la promessa che in tutto il mondo ci si scambia ogni anno il 27 gennaio. “Mai più”, fu il grido di papa Paolo VI all’assemblea delle Nazioni Unite in quel lontano 4 ottobre 1965: “Mai più la guerra, mai più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità”.
Ed è il grido che instancabilmente papa Francesco continua a rivolgere al mondo: “In questa terza guerra mondiale a pezzi non ci saranno né vinti né vincitori, perché la guerra è sempre e soltanto una sconfitta per tutti!”. L’orrore della guerra però continua a ripetersi nella storia dell’uomo. Le discriminazioni non sono finite, anzi, in questo nostro tempo travagliato l’odio sembra espandersi sempre di più. Non abbiamo imparato proprio nulla dalla storia! Ecco che allora ricordare diventa un dovere
imprescindibile che riguarda tutti, a cominciare dai nostri giovani che non hanno mai conosciuto gli orrori di una guerra.
Ma la memoria va anche a quanti al male radicale hanno opposto la forza della coscienza, fino a sacrificare la propria vita. Storie di uomini e di donne coraggiosi, storie divenute in seguito famose e storie rimaste per sempre nascoste, ma non meno grandi e commoventi. Ripenso alla mia infanzia e ad un racconto indimenticabile di mio padre…
Erano gli anni della guerra e lui, giovane contadino di un piccolo villaggio poco distante da Bergamo, aveva nascosto nel solaio di casa per alcuni giorni, complice mia madre, due giovani slavi ricercati da fascisti e nazisti. Quando il pericolo di essere scoperti, anche per una soffiata, si era fatto troppo grande, i due ricercati vennero portati fuori paese verso i campi, nascosti dentro un carro di letame. Io bambino restavo ad ascoltare con il cuore che mi batteva forte. "Papà, ma tu e la mamma non avevate paura?”. Mio padre sorrideva senza aggiungere nulla.
*Arciprete di Chiasso