CRONACA
Don Feliciani sui 'Mori sbiancati': “Un fasctidi grass”
“Rinunciare al trucco facciale può aiutarci a crescere in quel rispetto che è dovuto ad ogni essere umano? Nella mia Chiasso multietnica ho provato a porre questa domanda ad alcuni amici “di colore”. La risposta è stata una sonora risata”
TiPress/Pablo Gianinazzi

di Don Gianfranco Feliciani

A partire da quest’anno la “Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio” ha deciso di rinunciare al trucco facciale per quelli che durante le sfilate, divenute patrimonio dell’UNESCO – e questo la dice lunga – devono rappresentare persone di colore. Quindi, niente più “mori”. Da quest’anno anche i mori saranno bianchi? Come mai? Insomma, rispondono quelli favorevoli al cambiamento, bisogna stare al passo con i tempi e una tradizione deve tener conto dell’evolversi di civiltà e sensibilità.
Francamente però non riesco a capire. Mi verrebbe da chiedere: ma allora perché non cambiare anche i costumi? Mi sembra fin troppo chiaro ed è inutile nasconderlo: in questa faccenda c’è di mezzo il complesso del pregiudizio razziale. Si teme cioè di urtare e di offendere le persone di colore (per carità, non chiamiamoli più “neri”, o peggio “negri”), e noi “bianchi” (e questo è verissimo se pensiamo alla storia) nei loro confronti abbiamo la coscienza sporca. Ma, chiediamoci: rinunciare al trucco facciale può davvero aiutarci a crescere in una consapevolezza più genuina di quel rispetto che è dovuto ad ogni essere umano, bianco, giallo o nero che sia? Nella mia Chiasso multietnica ho provato a porre questa domanda ad alcuni amici e conoscenti “di colore”. La risposta è stata quella di una sonora e schietta risata.
E le domande possono oltre modo moltiplicarsi, come in realtà succede. Chiamare una persona “non vedente” invece che “cieco”, chiamarla “diversamente abile” invece che “disabile”, chiamarla “della terza età” invece che “anziano”, o peggio “vecchio”, può davvero aiutarci a crescere maggiormente nel rispetto dell’altro? Certamente anche le parole hanno il loro peso, ma se le parole non sono accompagnate da gesti concreti che ne provano tutta la sincerità, il nuovo vocabolario non solo vale niente, ma diventa un’ipocrisia bella e buona, una vera falsità tanto più grave quanto più camuffata di gentilezza. Tutti sappiamo, con quella ossessione che oggi circola di piacere a tutti i costi per diventare popolari, come la tentazione del “politicamente corretto” attiri numerosi discepoli in ogni ambito della vita sociale, Chiesa compresa.
Per concludere: auguro tutto il bene del mondo agli amici delle Processioni Storiche di Mendrisio, che seguo e che amo fin da quando ero bambino. E la questione del trucco facciale dei “mori”? Secondo il mio modesto parere è una questione di “lana caprina”, per dirla in dialetto mo-mo, “un fasctidi grass”, anche se, mi sembra di capire, importato dall’America.

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