di Don Gianfranco Feliciani
Aumentano i suicidi, ma quasi nessuno ne parla. In parte si può capire: esiste il pericolo dell’emulazione e quindi è meglio tacere. Tuttavia, il problema rimane e prima o poi lo si dovrà affrontare. Da un po’ di tempo però i media hanno cominciato a rompere il silenzio.
Qualche anno fa il professor Umberto Galimberti, psicanalista e filosofo di fama internazionale, ad un convegno di medici tenuto a Locarno comunicò che in quanto al numero di suicidi, fatte le debite proporzioni, il Ticino aveva battuto il primato detenuto dalla Svezia e dal Giappone.
Secondo uno studio realizzato recentemente dall’Università di Zurigo – “Corriere del Ticino” di giovedì 8 febbraio – la Svizzera ha uno dei più alti tassi di suicidi al mondo. E ciò che ulteriormente preoccupa è la tendenza della diminuzione dell’età delle vittime. Più numerose sono le donne. “La strategia di prevenzione – scrivono in una nota gli autori dello studio – dovrà essere rivista”.
Perché i giovani sono i più toccati? Penso che la solitudine – ma non riguarda solo i giovani – sia uno degli indicatori del disagio diffuso in questa società sempre più, non casualmente, disgregata. E la causa principale è chiaramente dovuta ai suoi modelli strutturali: l’individualismo esasperato, il materialismo piatto, il consumismo sfrenato, il divertimento trasgressivo, il parossismo tecnologico, la smania narcisistica di apparire.
Questo stato di cose ha prodotto un rovesciamento di quei sani valori che dovrebbero essere alla base di una libera ed umana convivenza. Insomma, una voglia disperata di vita che sfocia nell’angoscia e nella morte. Sempre più occasioni di distrazione e di divertimento… e sempre più disperazione! Una beffa della vita insopportabile. Per questo i giovani sono i più colpiti, sentendosi derubati del loro innato desiderio di guardare con fiducia al futuro che li attende.
Occorre affrontare tutte le questioni riguardanti l’uomo con onestà e senza paura, sbarazzandoci di tutti i pregiudizi e i condizionamenti impostici dalla cultura dominante, e fare finalmente i conti con quegli insopprimibili interrogativi che tutti ci portiamo nel cuore: chi è l’uomo? chi sono io? da dove vengo e dove vado? cosa resterà di me? Queste domande esigono per forza di cose una riflessione, una risposta, una scelta. E anche decidendo di non scegliere – come ci avverte il grande filosofo Pascal nei suoi “Pensieri” – scelgo comunque, perché scelgo di non scegliere. Il cristiano ha scelto la via della fede in Gesù di Nazaret. È la via di sant’Agostino, quando all’inizio delle sue “Confessioni” scrive: “Signore, tu ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Non conosco altra via più ragionevole, più umana e più rassicurante di questa.
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